Quella che racconto qui è una storia vera di metà anni ’80. Dopo l’episodio raccontato in “Da Miniera a Museo una storia dai tanti risvolti”, fatto che mi spinse, mio malgrado, a cambiare azienda, mi occupai per sei anni di refrigerazione industriale.
Purtroppo questa azienda ebbe un tracollo e chiuse. Iniziai quindi a collaborare con una azienda artigianale di Genova che operava nel campo della refrigerazione, facendo il pendolare alla rovescia, in quanto ormai da 20 anni vivevo a Milano.

E così andavo avanti, due giorni a Genova per la refrigerazione, alternando il lavoro di consulenza per piccole e medie aziende della Brianza.
Un giorno, era estate, mi informarono che l’Italia finanziava delle fabbriche di ghiaccio per alcuni porti pescherecci in Perù. C’era bisogno di una persona competente e neutrale che andasse al Ministerio del Pescado a Lima per preparare il capitolato per la gara d’appalto. Mi chiesero se volevo andare: pagavano viaggio e tutte le spese con un piccolo compenso. Rinunciai alle ferie e andai a Lima. Era agosto quindi a Lima era inverno, ma per modo di dire: umido, aria puzzolente in quelle nebbia che loro chiamano garúa, simile alla nostra macaja. Una settimana piena a lavorare con i tecnici peruviani (che non capivano niente di refrigerazione) per poi trascorrere qualche giorno di vacanza, prima sulla Ande con un amico Alpino, quindi in Ecuador dove avevo alcuni amici.

Nel capitolato, specificavo che le fabbriche di ghiaccio fossero in acciaio inossidabile e non in lamiera come facevano tutti. La lamiera zincata non avrebbe resistito a lungo al clima della costa peruviana. In realtà solo l’azienda di Genova e una grande azienda parastatale di La Spezia erano in grado di farle. Quindi, visto anche la differenza di prezzo che avrebbe potuto applicare, ero certo che la gara l’avrebbe vinta il mio cliente. Un giorno, dopo qualche mese, mentre ero in azienda a Genova, mi telefona un conoscente, che aveva una piccola azienda di refrigerazione a Bergamo per dirmi che aveva vinto la gara.
«Ma come ha fatto – ho detto – che Lei le fabbriche le fa di lamiera zincata
«Sì, è vero, ma sono andato a trovare il ministro con la bustarella giusta.» Non ci avevo pensato. «Però le ho telefonato perché verrò a farle fare a voi. Anzi vengo a Genova sabato prossimo.»

E qui il mio errore è stato che quel sabato non ero a Genova (facevo i fine settimana in Lombardia anziché in Liguria).
Il bergamasco, tipico personaggio ‘lumbard’ ex operaio che, giustamente dal suo punto di vista, voleva esibire il proprio successo, indossando braccialetti e catenelle d’oro, arriva a Genova a bordo della sua lussuosa BMW e si presenta in azienda arricciando il naso.

Bisogna sapere infatti, che l’azienda genovese, era proprio genovese. Sede sotto un cavalcavia, con officina al piano terra e uffici in un improbabile soppalco di legno accessibile con una scala di fortuna. Nonostante l’aspetto esteriore, era tuttavia una azienda apprezzata nel settore, che conosceva bene il proprio lavoro, precisi e meticolosi, tanto da avere clienti in mezzo mondo. *

Ma l’aspetto esteriore per un bergamasco è importante. Beh, non solo per un bergamasco, anche per un lombardo. Per meglio dire, per chiunque scelga di giudicare una società a prima vista. Oggi, a tanti anni di distanza, e con una notevole esperienza di giornalista che visita spesso aziende industriali, e ormai ‘lombardizzato’, guardo molto a come si è accolti entrando in un’azienda. Anche l’occhio vuole la sua parte.

Tornando quindi all’incontro tra il bergamasco e i genovesi, il contrasto è evidente. BMW e oro da una parte, soppalco e legno dall’altra.
Non essendo stato presente devo solo riportare quanto riferitomi poi dai genovesi.
La settimana successiva, quando sono tornato a Genova, ho subito chiesto: «Allora? Avete preso l’ordine dal bergamasco?»
«Figurarsi, quando lo abbiamo visto non abbiamo voluto saperne. Non abbiamo neanche trattato. Noi con certa gente non lavoriamo e lo abbiamo mandato via
Cose dell’altro mondo (o da genovesi, ‘uomini diversi d’ogne costume...’ – Inferno Canto XXXIII).

*  E infatti oggi l’azienda genovese è notevolmente cresciuta e affermata, e ha ottenuto diversi riconoscimenti dall’Unione  Europea per le sue capacità innovative e di progetto e per i suoi  numerosi brevetti europei nel campo delle refrigerazione industriale. Quella bergamasca è tuttora una apprezzata azienda artigianale.

PostScriptum: e pensare che con i bergamaschi Genova ha sempre avuto un rapporto particolare: nella storia del porto, infatti, per essere camalli, era condizione necessaria e imprescindibile essere nati nelle valli bergamasche, tale era la forza, la tenacia e la capacità lavorativa di questi uomini. Quando le mogli dei camalli dovevano partorire partivano per Bergamo, per assicurare un poso di lavoro ai figli.