Se le cose cambiano e noi non cambiamo è colpa nostra. È inutile accusare altri e rifiutare la realtà. Ma commettiamo un altro errore: aver paura del cambiamento o non crederci.

Come notiamo nella lettura dell’indagine congiunturale 2014 della Filiera Carta-Grafica, cui rimandiamo, ci sembra, ma possiamo sbagliare, che si punti sempre sullo stesso argomento, che tradotto in termini molto terra terra è “le cose vanno male per colpa di qualcun altro.
Questo ci ricorda un libro che, seppur datato, raccomandiamo agli imprenditori che ancora non lo avessero letto: Johnson Spencer: “Chi ha spostato il mio formaggio?” 2000, Sperling & Kupfer, Milano Prefazione di Kenneth Blanchard. pag 140. (chi non avesse voglia di leggerlo può visionare questo video).
Formaggio_spenser L’età e la lunga permanenza nel  mondo industriale mi permette, a  titolo personale, di fare alcune  osservazioni che potranno  infastidire più di una persona,  soprattutto tra le cosiddette  istituzioni. Me ne scuso in  anticipo, ma non cambio una  virgola.
Nella vita professionale ho subito  parecchi cambiamenti e non tutti desiderati; anzi alcuni inaspettati e drammatici. Questo mi ha però insegnato e rimboccarmi le maniche e cercare la soluzione.
Spòstati con il formaggio e gòditelo!
Questa è la sintesi estrema che si ricava dal libro citato e che significa: anticipa gli eventi e non lasciarti sorprendere.
Purtroppo ormai da anni agli incontri e le analisi della filiera dei settori cella carta, della stampa e della cartotecnica, sentiamo ripetere un mantra: «L’unica ricetta è usare la leva fiscale nel mercato interno, defiscalizzando la pubblicità su giornali e periodici e introducendo misure per promuovere i consumi culturali e per rilanciare la competitività; correggendo inoltre la stortura dell’Art. 24 e attuando politiche europee per creare un’unione dell’energia finalizzata ad un’unica tariffa energetica per tutti gli energivori
Parole vere, ma che si ripetono sempre uguali da anni, e questo significa che non hanno sortito alcun effetto tangibile. E allora? Il fatto è che ormai è inutile piangere sul latte versato; forse si doveva intervenire molto prima, non nel 2008, ma ancor prima quando già si avvertiva il cambiamento (il libro citato risale al 1998 nell’edizione originale USA). Cioè da sempre, perché il cambiamento c’è sempre, è continuo, anche se molti ne hanno paura e quindi non vogliono accorgersene.
Troppo tardi ma visto che il cambiamento è tuttora in tatto, e così sarà sempre, qualcosa ancora si può fare per evitare ulteriori tracolli.
Come ci insegnano gli autori del libro citato.

Fiutare il cambiamento

Fiutare e mettersi subito in azione. Ma non è che piuttosto si desidera rimanere nel proprio luogo familiare? E negarne l’esistenza. Il cambiamento invece c’è e coinvolge tutti. Ed è continuo. E in più: chi ha paura del cambiamento? O meglio chi ammette di aver paura del cambiamento? Forse pochi lo ammettono, ma se chiediamo “chi pensa che alti temano il cambiamento?” Allora i pochi diventano molti. Questo significa “rifiuto della realtà”. E arroganza.
L’arroganza nasce dal successo (e abbiamo conosciuto troppe aziende che hanno avuto successo e oggi non ci sono più). Dunque accettiamo il cambiamento e mettiamoci in moto. Ma il problema è che reagire a posteriori non sempre dà buoni risultati. Anzi, quasi mai.
Da qui emerge la soluzione più semplice e banale: essere noi a cambiare prima che il cambiamento sia avvenuto, o anche solo avvertito.  senon cambi
Edoardo Elmi (Viscom 2013 e 2014) raccomanda di “avvertire i segnali deboli”. Cosa significa questo in termini semplici? Tenere le antenne rizzate ed essere i primi ad accorgersi che qualcosa si sta muovendo. In pratica dobbiamo esser noi a ‘spostare il formaggio’ prima che lo facciano altri. Così almeno sappiamo dove si trova e non ci perdiamo nel labirinto.
Ora invece ci troviamo su un treno in corsa da cui è difficile scendere e così ci limitiamo a gestire l’ordinaria amministrazione. Invece se ci muoviamo quando il treno è ancora fermo o sta iniziando a muoversi lentamente è più facile scendere e prendere il treno giusto. Ma per trovare il treno giusto occorre avere intuizione, coraggio e intraprendenza. Soprattutto apertura mentale.
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Su questo articolo ci è pervenuta una lettera che pubblichiamo a parte: leggi qui