La rivista SenzaFiltro ha salutato il nuovo anno con un bellissimo articolo, che riprendiamo e riassumiamo, rimandando i lettori intelligenti a leggere la versione originale. Intitolato “Il romanzo che fa bene al PIL”, questo articolo analizza e dimostra come le persone che leggono sanno riflettere, vedono il mondo senza la nebbia che il ‘sentito dire’ mette davanti agli occhi.

L’analisi di SenzaFiltro  (della Associazione Fior di Risorse) arte dalla constatazione che i Paesi che leggono di piú e che hanno una scolarizzazione più alta, hanno pure economie piú floride. L’Italia, purtroppo è agli ultimi posti in Europa anche negli indici culturali: i nostri economisti (ma non solo) dovrebbero sfogliare qualche romanzo in più.

Facendo il giornalista del settore stampa e grafica, un giorno chiesi al direttore di una grande azienda costruttrice di macchine per la stampa offset, perché ne vendessero tante in Romania. Mi rispose che i romeni leggono molto. Forse era una scusa, ma ci fa pensare, perché basta guardare come impiegano il tempo le persone sui mezzi pubblici in Italia e all’estero.

Ora, noi abbiamo radicato il concetto, errato, che noi italiani siamo un popolo colto solo perché abbiamo dante e una grande letteratura, oltre a un un grande Rinascimento. Peccato che siano passati secoli e non si può vivere di rendita.

Ci fu il famoso ministro secondo cui “con la cultura non si mangia”, frase prontamente smentita, ma idea comune alla maggioranza di coloro che hanno avuto responsabilità di governo in Italia, a partire almeno dal dopo Calamandrei.   Pensare che con la cultura non si mangia fa malissimo, non solo alla salute, ma anche all’economia.

PIL e cultura

Il PIL è anche questione di cultura”, afferma l’autore di SenzaFiltro.
Sentiamo cosa dice Piero Dorfles.
Anche se non molti sembrano accorgersene, la crescita del PIL è direttamente proporzionale agli indici di crescita culturale. Nei Paesi dove si legge di più, dove si investe di più nella distribuzione del sapere, dove si persegue l’aggiornamento culturale della classe dirigente, il prodotto interno cresce più che altrove. In questa direzione l’Italia è tragicamente indietro, agli ultimi posti tra i membri della Comunità europea.”

Questo si collega facilmente alla questione della scolarizzazione. E sappiamo quanto siamo rimasti indietro. Eppure, la produttività di un sistema economico, è dimostrato il suo collegamento con il livello di scolarizzazione.
Ma attenzione. Parlare solo del fatto che ci sono pochi laureati in Italia, porta fuori strada. È noto che molti laureati delle nuove generazioni (in certe facoltà create apposta per dare un titolo) restano tuttavia ignoranti. Sí, ignoranti. Perché ci sono lauree fasulle, che non insegnano e ne abbiamo l’esempio tutti i giorni.
Sempre per restare nel nostro ambito della stampa, conosco tani non laureati, ottimi diplomati tecnici, che danno punti a tanti laureati, non solo in fatto di conoscenze tecniche, ma anche culturali.

“I numeri dell’abbandono scolastico – prosegue SenzaFiltro – sono, in Italia, più alti che altrove.”
È intuitivo che “Paesi che promuovono e sostengono lo studio e la scuola pubblica dal punto di vista economico, il capitale intellettuale e l’intelligenza collettiva permettano maggiore competitività […] strumenti coi quali si progetta meglio, si registrano più brevetti, si razionalizzano le strutture produttive, si immaginano modelli di coinvolgimento nell’uso dei beni comuni e nel rispetto per il patrimonio collettivo.”

“Avere coscienza dell’importanza di uscire dalla dimensione familistica, dall’impresa individuale, dai piccoli e grandi egoismi che condizionano il progresso, è la condizione necessaria perché il Paese si modernizzi; perché cresca la consapevolezza della necessità di contribuire a ridurre l’evasione fiscale e di limitare la propensione all’illegalità diffusa, che purtroppo fanno dell’Italia uno dei Paesi dove più alto è l’indice di corruzione tra le maggiori economie mondiali.”

Letteratura e sistema economico

Ma perché l’indice di lettura va di pari passo con la crescita economica?  Perché la società che legge ha piú fantasia, sguardo più lungo, meno pregiudizi, maggiore apertura mentale.
“Non parlo soltanto della saggistica, che pure dovrebbe essere alla base dell’educazione permanente di chiunque abbia responsabilità sociali, ma anche della letteratura, del romanzo.”
Quindi la letteratura non è intrattenimento, distrazione, che non produce né conoscenza né ricchezza.
“Leggere un romanzo può farci riflettere sul sistema in cui viviamo, sulle nostre contraddizioni, sul nostro carattere e sulla nostra capacità di vita sociale. Un [buon] romanzo può aprirci gli occhi e […] farci capire quanto sia limitato il nostro sguardo sul mondo. La letteratura ci permette di viaggiare all’estero più di quanto potremo mai fare di persona. Ci permette di conoscere posti, culture, tradizioni, espressioni artistiche che non immaginiamo. Come ha detto Umberto Eco, chi non legge vive una vita sola, chi legge ne può vivere mille.”

Il romanzo per prevenire

Gli economisti tendono a considerare la cultura, e tanto più la letteratura, fatti sovrastrutturali, che non possono incidere sui livelli macroeconomici. Un errore che hanno fatto, nel tempo, tanto i pensatori liberali quanto quelli di scuola marxista. Questo perché pensano l’economia come un meccanismo legato al possesso, la forza lavoro considerata come massa, senza immaginare che anche la psicologia – degli operai come degli imprenditori – può determinare fenomeni economici di vasta portata.”
Lo dimostra il fatto che nessun economista è stato in grado di immaginare le crisi che si sono abbattute sui sistemi economici negli ultimi tempi.

Se avessero letto qualche romanzo in più, si sarebbero accorti che la sensibilità e l’intuito degli scrittori hanno a più riprese immaginato che la globalizzazione avrebbe prodotto uno choc economico di livello mondiale, che si sarebbe protratto per un lungo periodo. L’avevano intuito anche scrittori che vengono considerati di basso consumo giovanile, come Salgari o Verne. Quelle intuizioni vengono dal fatto che la letteratura guarda alla persona, e in questo modo coglie propensioni che possono diventare generali.”

Leggere libri è sinonimo di capacità di affrontare la complessità del mondo contemporaneo. Perché la scienza tende a considerare i sistemi economici come modelli chiusi, e a indagarne i meccanismi di funzionamento senza considerare [la variabile] dell’essere umano.”

La letteratura ci parla dell’individuo e la modernità ha dato spazio all’individualità come non era mai successo prima.

Questo ha fatto in modo che i processi personali di crescita psicologica e di partecipazione politica incidessero anche sulla dimensione macroeconomica, cosa che gli economisti non hanno mai preso in considerazione. Gli scrittori, invece sì.
A volte, nei romanzi e nella letteratura troviamo lo sguardo profondo, che va lontano, e che permette di immaginare le piú originali risposte ai problemi del presente.

L’articolo completo si trova in questo link.

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