Con un comunicato l’agenzia ANSA raccomanda ai giornalisti di trattare il tema del clima e del riscaldamento globale con serietà e su basi scientifiche. Cerchiamo di dare il nostro modesto contributo.

Ne parla con maggior competenza il collega Emanuele Bompan nell’editoriale dell’ultimo numero di Materia Rinnovabile, tuttavia, colgo l’occasione per cercare di far chiarezza su un argomento che ormai è diventato tema di discussione da bar, come le partite di calcio. E come per il calcio tutti sono allenatori, per il clima tutti sono scienziati, ritenendo legittimo dire e diffondere qualsiasi idea venga loro in mente.

Piove? Ma non è una novità. C’è siccità? Ma anche nel 1909 il Po era in secca. Fa caldo? Ma certo, è estate. E via blaterando.
Negli ultimi giorni c’è poi chi è uscito con l’ultima trovata: alla sera fa fresco, altro che riscaldamento globale, non date retta agli scienziati, che dicono quello che vogliono i potenti.
Un complotto ci sta sempre bene.

Ma veniamo al dunque

Piú che riscaldamento globale sarebbe corretto dire cambiamento climatico (1). Che non è esattamente la stessa cosa. Il riscaldamento c’è, soprattutto negli oceani ed è questo il maggiore pericolo per il pianeta. Che poi la temperatura di alcune giornate estive sia eccessiva, ci può stare. Certamente d’inverno non ci saranno quelle temperature. Ma questo è un modo di pensare molto superficiale. E non corretto.

Chi dice che il clima della Terra è sempre cambiato, confonde gli anni con i secoli e, peggio, con le ere geologiche: milioni di anni. Certo abbiamo avuto periodi di grande caldo e di grande freddo. Ma non nel giro di 50 anni.

E a proposito di 50 anni, apro una parentesi di cui non si parla, ma fondamentale: negli ultimi 50 anni si è estinto il 60% delle specie di animali. È la cosiddetta ‘sesta estinzione’: e questo significa che una delle prossime specie destinate a sparire è proprio homo sapiens. Ma qualcuno dirà, purtroppo non a torto, che se non ci pensa il clima, ci pensano i dittatori e le varie organizzazioni Wagner, che si stanno conquistando l’Africa, mentre l’Occidente sta a guardare senza sapere cosa fare, facendo precipitare il Pianeta verso una catastrofe, forse peggiore di quella del clima.

Tornando al tema, il problema peraltro gravissimo, è il fatto che il cambiamento sia avvenuto su scala globale e questo porta a conseguenze che oggi notiamo poco, ma che a breve avranno conseguenze drammatiche: ne elenco alcune.
La scioglimento del permafrost: la taiga siberiana era congelata fin dai tempi delle glaciazioni e al suo interno si trovano, ibernati, numerosi organismi, soprattutto batteri. Con il suo scioglimento questi torneranno in vita e potranno essere pericolosissimi per la salute, provocando epidemie che faranno impallidire Covid e Ebola. Perché saranno malattie sconosciute.

L’innalzamento della temperatura degli oceani, oltre a far aumentare l’evaporazione e a far scogliere i ghiacci dell’Artide e dell’Antartide, con conseguente drammatico innalzamento del livello del mare e sparizione di milioni di kmq di terre emerse, renderà i mari infestati da organismi che fino a ieri limitavano la loro presenza nelle sole aree tropicali.
Quello che ci aspetta è quindi facile da prevedere: un susseguirsi di eventi estremi sempre piú frequenti e sempre piú dannosi.

Ma il problema vero è quello di cui si evita di parlare: indietro non si può piú tornare e purtroppo tutte le misure che la politica sta cercando, o finge, di prendere, non serviranno praticamente a nulla. Sono misure teoriche che non tengono conto degli ostacoli che si troveranno davanti: l’industria con le sue esigenze, ma anche i singoli cittadini che non rinunceranno mai alle proprie comodità.

E quindi, cosa dovrebbe fare? Prevenire, ma non per evitare ciò che non è piú evitabile, ma per rendere meno pericolosi e meno traumatici gli eventi estremi: ridurre la cementificazione (quanti capannoni nuovi si costruiscono su terreni che fino a ieri erano coltivati, abbandonando i vecchi capannoni dismessi? Aumentare (ma seriamente e notevolmente) le aree verdi e bloccare completamente l’abbattimento delle foreste pluviali.
E per quanto riguarda i piccoli interventi locali, rinforzare le scarpate e gli argini fluviali; predisporre gli scolmatori; pulire gli alvei: ma prima e non dopo. Sono interventi banali dei quali si parla sempre dopo un’alluvione, ma che poi si lasciano nel cassetto. Predisporre concreti sistemi di prevenzione degli incendi (a terra e non con piú Canadair, che sono un palliativo e il cui impiego dimostra la sconfitta).
Il riscaldamento globale non si può piú fermare, ma occorre intervenire subito e bene per ridurne almeno gli effetti più catastrofici.

(1) Ancora meglio, e piú preciso sarebbe definirlo “inquinamento climatico”, perché oggi oltre al riscaldamento stiamo soffrendo di altre perturbazioni del clima: acidificazione dei mari; inquinamento dei terreni; presenza di microplastica nella catena alimentare: il plancton si nutre di plastica che passa ai pesci e da questi all’uomo; riduzione della biodiversità, che nel tempo porta all’estinzione di diverse specie, una delle quali sarà la specie homo sapiens.