Conosciamo Mauro fin dai suoi primi passi nel variegato mondo dell’industria grafica, dove è cresciuto e maturato acquisendo esperienza in tutti i settori. Oggi, Mauro Antonini, per le sue indubbie competenze tecniche e commerciali, è Sales & Marketing Director, Vice President of the Board in Heidelberg Italia. Con lui vogliamo riassumere le tappe della sua crescita, in parallelo con l’evoluzione dell’industria grafica.

«Ho iniziato nel 1988 – ci racconta Mauro Antoninientrando nell’organizzazione Macchingraf, area service, dove ho svolto il lavoro di tecnico dimostratore. Dopo quattro anni, per allargare le mie conoscenze sono passato nell’area del dopo stampa

È stato il periodo in cui ci siamo conosciuti. Quali erano i tuoi compiti?
«Occupandomi del settore dopo stampa il mio compito non era solo tecnico, ma anche commerciale. In questo periodo mi fu affidato il coordinamento del gruppo di vendita per la legatoria. In piú mi fu affidata un’area, Lombardia e Piemonte, da gestire direttamente

Ricordo che a inizio anni 2000 abbiamo condiviso una esperienza interessante nel campo della stampa offset di piccolo formato. È il caso di raccontarlo.
«Dopo questa esperienza nel dopo stampa e nell’area vendita, sono diventato project leader per il lancio delle nuove macchine offset di piccolo formato, le Quisckmaster 46, che avrebbero affiancato le più tradizionali GTO 52 e la produttiva Speedmaster 52.»

Una specie di anticipazione della stampa digitale.

«Vero! Fu una anticipazione della stampa digitale, che si stava affacciando sul mercato. Partii con l’idea di raccogliere una serie di testimonianze da aziende, che andavano dal tipografo di quartiere alla grande azienda. Inoltre, avevo organizzato le “offset local”, una serie di dimostrazioni presso le scuole grafiche in tutta Italia. Queste “local” furono decisive per far comprendere come in quel momento stava evolvendo la stampa offset. Erano dimostrazioni molto innovative, che introducevano le aziende al concetto della stampa con macchine semplici da affiancare alle Speedmaster. Concettualmente, fu proprio una anticipazione al digitale.»

Ricordo che ti ho accompagnato in molte di queste visite per redigere degli articoli quando lavoravo in RG. Fu un’esperienza molto significativa anche per la mia formazione giornalistica in questo settore.    In quel periodo Heidelberg aveva iniziato a organizzare i grandi eventi, nei padiglioni 1e 2 in drupa 2000. La casa madre muoveva i primi passi verso il digitale.
«Diciamo rimanendo ancora “molto orientata al core business”. Fu il periodo in cui fece una joint venture con Kodak per un progetto di lancio della stampa digitale

Kodak aveva iniziato a occuparsi di digitale in collaborazione con Scitex. Ricordo che già nel 1995 fui chiamato a visionare la loro prima macchina inkjet negli USA, a Dayton. Per la verità la qualità all’epoca era un disastro.
«Naturalmente la stampa a getto d’inchiostro era ancora pionieristica. La joint venture andò avanti per qualche anno dando vita al progetto Nexpress e agli inchiostri micro-toner. La Casa Madre si stava concentrando sul front end che potesse servire sia alla offset sia al digitale. Era inutile puntare sulla stampa digitale senza connetterla con la offset

E il risultato?
«Il risultato fu per noi molto positivo, perché puntava ad armonizzare le due tecnologie di stampa (digitale e offset). Ciò che ha poi portato alle soluzioni, che oggi sono sul mercato con soddisfazione nostra e dei nostri clienti

Ma con il digitale mai con sistemi propri.
«Per il motore di stampa digitale la Casa Madre ha preferito affidarsi a chi era già specializzato e quindi ha scelto Ricoh come partner, ma con il nostro front end, per la stampa commerciale. E Gallus [che fu acquisita da Heidelberg nel 2015] per le semi rotative a banda stretta per etichette e packaging. Quindi, dalla quadricromia tradizionale ai sette colori più bianco digitale, sempre con lo stesso front end.»

Vedo che insisti sul fatto che ci sia un unico front end. Qual è il vantaggio?
«L’affidabilità. E questo significa maggiore produttività. In un’azienda di stampa, si possono avere macchine diverse, per lavori diversi, ma tutto deve essere coordinato da un’unica intelligenza. Il nostro front end è basato sulla A.I., l’Intelligenza Artificiale, che ormai deve stare alla base di tutte le aziende che vogliano essere produttive, organizzate ed efficienti. Questo si traduce, in parole povere, in risparmio.»

Perché risparmio?
«Te lo spiego con un esempio pratico. Negli ultimi anni abbiamo ritirato diverse macchine offset, non obsolete, tuttora funzionanti, ma secondo un principio che molti clienti hanno accettato e apprezzato: abbiamo sostituito in media due macchine con una sola, mantenendo la stessa produttività. Se non superiore. Questo grazie alla A.I. in funzione di Industry 4.0. Tutta l’azienda, dalla prestampa alla consegna del prodotto finito, gestita in automatico. Compresa la robotizzazione.»

Robotizzazione? In che senso?
«Dalla piú semplice per carico e scarico, alla piú innovativa per il cambio lastre…»

Beh, il cambio lastre non è una novità.
«Parlo del plate-to-unit. Non serve che l’operatore salga sulla macchina. Il sistema preleva dal magazzino le lastre e le posiziona sui rispettivi gruppi stampa, senza la necessità di intervento da parte dell’operatore e, vorrei aggiungere l’apporto, molto positivo anche nell’area dopo stampa dal setup, l’alimentazione delle macchine al confezionamento del prodotto finito.»

Si direbbe che si stia passando dall’operatore macchina con la tuta, all’operatore in camice.
«Certo, e oggi forse è l’unico modo per convincere i giovani a lavorare sulle macchine. E a trarne soddisfazione e vantaggi economici anche per loro.»

Vista la tua lunga esperienza e la conoscenza approfondita del variegato mondo della stampa, vorrei un tuo parere su cosa è cambiato e come. Hanno ancora futuro le piccole tipografie? Quali sono le prospettive del settore?
«La risposta è sempre quella: l’importanza del front end. Oggi uno stampatore deve poter essere in grado di gestire ogni tipo di richiesta, dalla stampa commerciale, alla cartotecnica e alle etichette. Ma la sua azienda deve essere organizzata in modo armonico. Questo significa che le macchine e tutti i reparti, devono dialogare, in ogni dettaglio, come, ad esempio, nel mercato Label, la scelta del bianco: bianco digitale o serigrafico? Sembrano dettagli, ma è qui che si vede la differenza tra una azienda produttiva e una che tira avanti. Ormai non si può rinunciare alla A.I. che suggerisce come si deve agire. Quindi non piú investire in tante macchine, ma in macchine intelligenti, e quindi produttive

Si è sempre parlato di fare rete tra aziende che dispongono di tecnologie diverse per collaborare.
«Non ha funzionato. Negli ultimi anni. Piuttosto ci sono state delle acquisizioni, perché oggi sono vincenti le aziende di stampa armoniche e tecnologiche. Oggi non si compra una macchina, ma un sistema. È un nuovo modo di lavorare verso il rinnovamento.»

Ringraziamo Mauro Antonini per questi importanti chiarimenti sull’evoluzione dell’industria grafica.

Mauro Antonini

Mauro Antonini intervistato da Marco Picasso