Non stampa ma perfora gli alberi e sta distruggendo i nostri boschi alpini: è il coleottero tipografo.
Fu chiamato così – ips typographicus – da Linneo nel 1758, ed è il bostrico tipografo, un piccolo coleottero che da alcuni anni sta uccidendo migliaia di abeti rossi nei boschi alpini. Purtroppo fino a oggi, non si è riusciti a eliminarlo e neppure a ridurre i danni che sta apportando alla natura e al paesaggio. Il nome tipografico della specie si deve al fatto che questo piccolo insetto scava gallerie che simulano in qualche modo un alfabeto, forse runico, tale da suscitare la fantasia del famoso naturalista svedese, padre della tassonomia.
Purtroppo oggi sono sempre diffuse piú le pinete (ma in realtà sono abetaie perché questo coleottero attacca l’abete rosso) con ampie macchie di alberi che questo ‘tipografo’ fa seccare e che appaiono come uno stridente pugno nell’occhio nel panorama montano.
Non si sta facendo molto per debellare questa piaga, se non abbattere gli alberi, anche perché pare che non ci sia soluzione, anche se il nemico naturale del ‘tipografo’ sarebbero le formiche.
La sua presenza e diffusione è dovuta alla superficialità con cui negli anni ‘60 e ‘70 furono piantati abeti rossi sui versanti delle montagne, importando le piante dall’Asia, senza sapere che questa pianticelle contenevano uova del bostrico. Gli abeti rossi furono scelti perché coreografici, e sono gli quelli tipici dell’albero di Natale, per intenderci. Meglio sarebbe stato impiantare abete bianco, larice e faggio.
Il bostrico tipografo è un parassita molto pericoloso, che non colpisce solo gli abeti rossi anche altre specie specie, facendo ingiallire gli aghi che cadono nel giro di poche settimane.
Negli ultimi anni, dopo la tempesta Vaja la situazione è peggiorata perché il bostrico tipografo attacca e si riproduce nel legno malato o morto, e ha quindi infestato l’area colpita da questa bufera catastrofica diffondendosi rapidamente alle aree sane anche a centinaia di chilometri di distanza. Ma, come afferma l’entomologo Massimo Faccoli, professore dell’Università di Padova, “la guerra contro questo insetto è persa. Nel giro di qualche decina d’anni la maggior parte dei nostri boschi di abete rosso, sotto i mille metri di quota [quelli riprodotti in queste foto si trovano a 1600 m di quota – ndr], è destinata a scomparire”.
Nelle aree colpite si dovrebbero quindi rimuovere tutti gli alberi malati cercando di isolare le aree sane, ma non si sta facendo nulla, forse per mancanza di fondi. E intanto boschi e foreste scompaiono.
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