È con enorme dispiacere che salutiamo Giovanni Brunazzi, una delle grandi firme della comunicazione grafica.

“Il Professore” ‒ così lo chiamavano con affetto amici, ex studenti e collaboratori ‒ è stato ricordato con calore nel suo ultimo viaggio a Bene Vagienna, il paese dov’era nato.
Sempre sorridente, determinato e assolutamente professionale, era una persona informata e appassionata non solo di design, grafica e stampa, ma anche di fotografia, architettura e arte.
«Per me è stato la mia forza — mi dice la figlia Ada — perché il suo lavoro è sempre stato la sua passione, e non gli faceva neanche sentire la stanchezza

Lo conobbi a Torino nei lontani anni ’90, quando mi ero appena affacciato al giornalismo dell’industria della stampa e del packaging. Ogni incontro con lui generava nuovi spunti di riflessione: la sua curiosità era inesauribile, e la trasmetteva con entusiasmo.
Mi raccontava che persino fare la spesa era per lui un’occasione per osservare e analizzare le confezioni. Il packaging lo attirava: era il suo modo di studiare. Designer solido, attento, critico, era spesso deluso dalla comunicazione grafica contemporanea: manifesti illeggibili, spot pubblicitari oscuri, testimonial sempre uguali a se stessi… Sentiva forte la mancanza delle basi essenziali della grafica.

Ogni volta che prendeva in mano uno stampato, lo analizzava con rapidità e precisione — l’esperienza di chi ha sempre amato la stampa e studiato l’entipologia, disciplina di cui aveva curato anche il lemma per almeno un paio di enciclopedie.
Amava lavorare con i giovani, e i giovani amavano lui. Il suo entusiasmo era contagioso.

Nel 2010, con coraggio e generosità, mi propose come professore a contratto al Politecnico di Torino. Per me fu una sorpresa, ma andò tutto bene.

Lo ricordo con tanto affetto.

Marco Picasso