Scarsità di materie prime, aumenti dei prezzi di lastre, inchiostri e consumabili, inflazione. Si aggiunga il colpo che viene dal blocco del Canale di Suez. È allarme tra gli stampatori, come abbiamo scritto in una breve del 26 marzo, i quali, come ben sappiamo, saranno gli ultimi a poter adeguare i prezzi del proprio lavoro. In questo articolo il parere di alcuni tipografi.

È una situazione che mette sotto pressione l’industria grafica indipendentemente dal sopraggiunto blocco del Canale di Suez.
Blocco che, ancora una volta, mette in ginocchio il commercio mondiale e l’economia.
Dopo la Guerra dei Sei giorni del 1967, Nasser bloccò una prima volta il Canale. Ma all’epoca per il trasporto navale si utilizzavano navi bel più piccole e agili dei giganteschi cargo attuali, veri e propri bradipi del mare. Quindi erano navi più veloci che potevano allungare il percorso e circumnavigare l’Africa senza troppi danni.
La seconda volta, con la Guerra dello Yom Kippur, quando gli arabi bloccarono il Canale con l’embargo del petrolio, che provocò la crisi del 1973, con le famose ‘targhe alterne’ e le ‘domeniche a casa’.

Ora, per la terza volta il Canale crea problemi all’economia. Ma questa volta è più grave perché le grandi navi che affollano gli ingressi al Canale – oltre a quelle bloccate all’interno – sono giganteschi bradipi, che non possono certo affrontare il lungo viaggio attraverso il Capo di Buona Speranza. Al momento di pubblicare queste considerazione, il bradipo si è mosso e il traffico sta lentamente riprendendo, ma le conseguenze dei ritardi si faranno sentire.

E così alla pandemia dobbiamo aggiungere quest’altro ‘virus’ per l’economia.

E il mondo della stampa?

Abbiamo provato a raccogliere alcune reazioni. La più ottimista «È proprio così. Per questo credo sia fondamentale la stretta collaborazione tra fornitori e clienti di tutta la filiera. Guardando in termini ottimistici, è auspicabile che si tratti di una bolla in parte speculativa e che presto si riappiani la disponibilità di materie prime, tornando a valori più consoni alla situazione attuale.» Ma forse è troppo ottimistica…

Analizzando le opinioni raccolte, notiamo innanzi tutto disagio e preoccupazione.
Ma la domanda è sempre quella: «I tipografi riusciranno ad adeguare i prezzi degli stampati o continua la lotta al ribasso così “faccio girare le macchine”

Vediamo alcune risposte.

«Far girare le macchine? Purtroppo è sbagliato il concetto… Il fare prezzo minore, non può più essere un concetto vincente. Ci vuole un prezzo fissato dall’associazione di stampatori. Se solo sapessi che vendite in sottocosto hanno certi miei concorrenti…»

«Questa inflazione definita “cattiva”, è un altro colpo al cuore per le arti grafiche, da anni sostengo che bisognava tutelare di più che fabbricava in Italia, non abbiamo saputo fare sistema neanche in quello

Qui emerge il dilemma che si sente da decenni: ‘fare sistema’. Purtroppo si scontra con la realtà: a differenza della Germania, noi abbiamo una quantità enorme di piccole aziende, meglio sarebbe dire ‘microaziende, che non possono fare sistema o essere tutelate da una Associazione che raggruppa le aziende di livello industriale. Queste devono limitarsi a sopravvivere.

Si aggiunga poi il problema degli stampatori ‘improvvisati’, quelli che con una stampante digitale e senza alcuna esperienza e conoscenza di grafica e di stampa, svendono il prodotto.
«... aumenta tutto, e poi online vedi prezzi di carta stampata venduta al kg a meno del prezzo di acquisto neutro
«Colpa dei prezzi troppo bassi delle tipografie online. Senza senso» dice qualcuno.
E non gli si può dar torto.
Un altro aggiunge: «Ieri ho guardato online il prezzo per 2000 fogli 70×100 su carta patinata 130g, stampa fronte e retro differenti. Ecco, io manco la carta e le lastre mi pago… non capisco come facciano
Semplice, non usano lastre; e forse non pagano la carta, o utilizzano qualche risma ottenuta per campionatura.

Il problema si sposta poi a valle:  «Ma il cliente non vuole sentire di aumenti..

La soluzione? Purtroppo non si trova dietro l’angolo. Né lamentandosi sui Social. Forse puntando sulla qualità superiore. Al cliente che chiede uno stampato ‘purché sia’ lo si lasci fare a chi lavora sotto costo. Si selezionino i clienti che vogliono qualità. E, come ci insegnano aziende di stampa che riescono a lavorare e persino a investire, la qualità, quella vera, paga ancora. Il cliente è ancora disposto a pagarla.
Rimandiamo per completare l’analisi, a questo interessante commento di approfondimento di un esperto che è quotidianamente a contatto con il mondo della stampa.