Il libro, la carta, la lettura. E tutto il resto. Una pseudo analisi del mercato, che nasce dalle meditazioni delle stanche giornate tra le feste e le febbri di stagione.
In uno dei grandi viali di Milano coabitano, porta a porta, una libreria e una giocheria con tutte le novità offerte dall’elettronica.
Forse anni fa, c’era solo la libreria, poi divisa. Per errore (orrore), entro nella giocheria e mi meraviglio con piacere nel vederla cosí frequentata. Chiedo del reparto libri a un commesso che, con aria di superiorità, e arricciando anche un po′ il naso, mi dice che “qui non vendiamo libri”.
Esco, e rientro alla porta accanto, nel negozio, ovviamente non affollato, dove i commessi sono invece gentili e disponibili, tanto che chiedo, ben sapendo che non l’avrei trovato, il “Rinaldo e il calice avvelenato”, uscito il giorno prima per i tipi della PAV di Roma. Lo faccio presente al commesso, il quale esegue comunque la sua ricerca. Pazienza, l’autrice del bel racconto per ragazzi dai 6 ai 99 anni, Wilma Coero Borga, nota per collezionare premi e riconoscimenti per le sue opere, dalle simpatiche guide di città come Torino e Pavia, ai romanzi familiari e sociali, dovrà attendere perché il suo ultimo libro entri in libreria.
Questa tendenza a sostituire le librerie nelle città con supermercati, giocherie, cineserie, fast-food e similari, non è nuova. Ogni volta che torno a Genova, ma penso che sia cosí in ogni città, vedo che librerie storiche sono scomparse.
E, come sappiamo, questa non è una novità. Però, un dubbio resta. A guardare su internet sembra ci siano piú titoli di libri ‘in cielo e in terra, di quante ne sogni la tua filosofia’, per dirla con l’inglese William, che poi forse non era neppure lui, ma il prestanome di Christopher Marlowe (ma questa è un’altra storia).
Quindi, sembra ci siano piú libri e autori che lettori.
Da qui il proliferare delle piccole case editrici, di cui abbiamo già parlato in un recente articolo. Ne segue, che c’è anche un proliferare di self-publishing e, quindi, di stampatori digitali.
Qual è il risultato? Difficile dirlo, ma qualche idea viene: si stampa, si fa uso di carta e quindi le cartiere sono contente, si vendono stampanti digitali. Quindi possiamo fare un appello ad autori e pseudo tali, compreso che scrive: continuate a scrivere, anche se nessuno vi leggerà, perché date una mano all’industria della stampa.
La foto in alto, risale al 26 dicembre 2016 (oggi non esiste più) e se ne parla in questo articolo.
Questo argomento mi porta alla memoria un film americano, visto più volte, dei bravi Tom Hanks e Mag Ryan: “C’è posta per te”.
Kathleen è la proprietaria di una libreria per bambini, specializzata in volumi di qualità, che si trova ad affrontare la spietata concorrenza da parte di un megastore di libri che ha da poco aperto proprio nelle vicinanze. Il posto è stato aperto da Joe, un imprenditore che Kathleen ha incrociato sulla sua strada e con il quale sin da subito non è scorso buon sangue. Ma i due sono ignari di conoscersi già da diverso tempo nelle strade del web, giacché si scambiano da parecchio una frequente corrispondenza via internet. E dopo una serie di equivoci e sorprese, scopriranno di avere in comune molto più del previsto.
La piccola libreria è costretta a chiudere a causa del grande magazzino del libro, i cui dipendenti, però, non sanno consigliare i clienti, né conoscono i libri, se non attraverso il computer e li vendono come una merce qualsiasi. E’ sicuramente un ambiente freddo e distaccato, senza un’anima, ma fa grandi numeri.
Il film non è affatto lontano dalla realtà, purtroppo.
Che cosa può salvarci dalla valanga di volumi pubblicati nelle più disparate maniere: dalla C.E. importante al self-publishing più casalingo e alla buona, anche nel risultato finale senza troppe pretese? Tanta carta e tanto inchiostro, forse, che sommergono ignari lettori in minoranza, rispetto a chi scrive. Per questo, è probabile, che a qualcuno abbia fatto venire in mente la balzana idea di affiancare negozi merceologicamente differenti, per attrarre il lettore. Ma c’è veramente bisogno di mettergli sotto il naso prodotti per la casa o altro?
A Pavia, in pieno centro cittadino, ci sono un bar e una libreria ben fornita che condividono la stessa struttura separata da un esile muro che non raggiunge il soffitto. Infatti dalla libreria si odono i rumori degli avventori del bar. Non si può certo dire: “e viceversa”, dato che i lettori che si trovano nel negozio di libri si aggirano silenziosi tra gli scaffali e i banconi per scegliere in tutta tranquillità qualcosa di buono da leggere.
Avevo scritto un lungo commento direttamente nel sito ma si è perso e mi ha dato vari errori.
Aveva analizzato brevemente quanto le librerie mainstream siano in crisi ( mercificazione della letteratura), mentre quelle indipendenti, almeno a Bologna, siano in crescita.
La stessa cosa si sta verificando nel cinema dove i grandi Multiplex sono spesso vuoti (a parte l natale di Avatar), mentre i cinema d’essay registrano incrementi.
Il pubblico che legge libri di qualità c’è e soprattutto i grandi devono capire che il mercato è frammentato (e meno male) perché i gusti non sono omologati, ma si esaltano nelle differenze
Altrimenti a forza di omologare, si perde terreno eccome!