Il PIL, l’indicatore economico che misura la crescita in base alla produzione di beni e servizi è davvero la misura della nostra ricchezza?

Alla recente Print4All Conference incentrata sulla Stampa Futura si è giustamente evidenziata l’impossibilità di un mondo senza stampa. Ma si è parlato anche – come in tutti convegni che si rispettano – di economia, mercati, congiuntura. In sostanza… di PIL, il Prodotto Interno Lordo, indispensabile indicatore di crescita. Ma è proprio così fondamentale questo PIL? Proviamo a guardare il rovescio della medaglia.
Uno dei piú grandi economisti viventi – Partha Dasgupta – sostiene che stiamo andando nella direzione sbagliata e che, proseguendo su questa strada, non raggiungeremo i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 fissati dall’ONU. Una volta esaurite le risorse disponibili sul nostro Pianeta – e al momento abbiamo solo questo, che stiamo sfruttando oltre i limiti – sarà troppo tardi per evitare il collasso globale dell’ecosistema, quindi della biosfera e, di conseguenza, dell’umanità. Fanno da contraltare alcuni analisti, stipendiati dai governi e quindi dalle grandi imprese, che tutto si risolverà grazie alla tecnologia – e la IA è una di queste in cui si ripone massima fiducia – ma al momento l’efficienza tecnologica progredisce del 3,5% all’anno, mentre per dare ragione a questi analisti dovrebbe crescere del 10% all’anno, secondo gli esperti indipendenti.
Ma allora cosa c’entra il PIL? C’entra perché è un parametro – sostiene Dashgupta – che tiene conto solo dei beni e servizi ottenuti dalle attività economiche. Valuta, infatti, quanto si è prodotto, assemblato e venduto: quindi quanto si è consumato (ma questo non rientra nel PIL). Facciamo un esempio da ‘uomo della strada’ che acquista al supermercato anche piú dello strettamente necessario. Risulta dalle analisi che tutto il cibo non consumato – ed è molto nel mondo industrializzato, nonostante le capacità conservative del buon packaging flessibile – è responsabile “dell’8% delle emissioni totali di gas serra, pari alla terza maggiore fonte di emissioni al mondo dopo USA e Cina”.
Del resto il PIL non tiene conto di tante cose basilari. Bob Kennedy in un discorso all’Università del Kansas durante la campagna elettorale del 1968 (nella quale fu assassinato), avvertiva che il PIL non tiene conto di ciò che rende veramente degna di essere vissuta la vita di una nazione, citando la bellezza della musica e della poesia, la solidità dei valori familiari, o l’intelligenza del dibattito pubblico; il PIL non include la nostra arguzia, il nostro coraggio, la nostra saggezza o la nostra compassione.
Nell’industria grafica, dove creatività e innovazione sono elementi centrali, dovremmo concentrarci non solo sulla produzione di materiali di consumo, ma anche sull’impatto positivo che, tramite la buona stampa, possiamo avere sulla società. Dovremmo puntare a promuovere la creatività, la cultura e l’innovazione, contribuendo così a una vita più ricca e appagante per tutti. Questo significa guardare oltre il PIL e impegnarci per creare un mondo in cui la bellezza e il benessere delle persone siano al centro delle nostre priorità. Alcune aziende del settore già lo stanno facendo.
Solo così potremo davvero rendere la vita degna di essere vissuta.