Plastica e packaging.  Marco Gambardella Presidente Atif affronta in questa intervista esclusiva lo scottante tema della plastica nel packaging. E lo fa con la professionalità che lo distingue. L’intervista è completata dalle considerazioni a carattere internazionale di Sante Conselvan, presidente FTA Europe.

Prima di rivolgere le nostre domande ai presidenti ATIF e FTA è d’obbligo una premessa.
Stiamo assistendo a una campagna contro la plastica. In parte a ragione, in parte forse esagerata. È vero che la plastica non degradabile ha invaso i mari e gli oceani (1).   È anche vero che la microplastica è presente nell’aria e nelle acque di falda e dei ghiacciai, quindi nell’acqua che beviamo. Ma per quest’ultimo aspetto, forse il piú grave, la responsabilità non è del packaging, ma dell’industria tessile e altre fonti di inquinamento industriale e non.
La stessa ipotesi di una plastic tax, ci sembra una inutile e dannosa esagerazione: in pratica un aumento mascherato dell’IVA. Forse sarebbe meglio puntare su due aspetti: educazione e ricerca.

Educazione ambientale e ricerca

Fatte queste premesse, resta all’industria del packaging, la responsabilità dei due aspetti sopra citati: educazione e ricerca. Conosciamo la sensibilità di Marco Gambardella e di Sante Conselvan anche in quanto operatori del settore, su questo tema.
Iniziamo da Gambardella.

MPA – Come si muove in questo senso ATIF?

Marco Gambardella – La questione ambientale è molto delicata e oggi interessa tutti, dalle grandi aziende agli studenti che scendono in strada per protestare. Fino a pochi anni fa, il pianeta veniva soltanto sfruttato, oggi finalmente c’è una forte volontà collettiva di conoscerlo, rispettarlo e tutelarlo. La cosa più utile da fare è cominciare a parlare di educazione ambientale fin da piccoli, attraverso corsi nelle scuole con insegnamenti teorici, ma anche lezioni pratiche su come vivere nel rispetto del pianeta. Ben vengano tutte le campagne di sensibilizzazione per un uso adeguato delle risorse naturali come l’acqua, per un corretto utilizzo delle fonti di energia e il recupero dei rifiuti attraverso la circular economy.

MPA – Educare nelle scuole va bene per le generazioni future, del resto già sensibili. Ma gli adulti? Gli operatori dell’industria, i consumatori?

M. G. – ATIF è in prima linea su questo fronte: stiamo realizzando numerose campagne di sensibilizzazione, corsi e iniziative non solo nelle scuole. L’obiettivo primario è educare a un uso corretto della plastica. La plastica di per sé non è né buona né cattiva: è l’uso che di questo materiale si fa che lo rende buono o cattivo per l’ambiente. Ed è su questo che occorre sensibilizzare i giovani, ma anche le Aziende e le Istituzioni del nostro Paese. Il nostro intento è quello di passare dal concetto di Plastic free al concetto di Plastic good che si sembra molto più adeguato. Per questo motivo è in costante aumento la percentuale dei fatturati delle nostre aziende dedicati alla ricerca tanto in house quanto in collaborazione con università e centri di ricerca.

MPA – Come risponde l’industria del packaging? C’è differenza tra la grande industria e i piccoli produttori? Qual è la spinta da parte del mercato verso un packaging sostenibile?

M. G. – Il packaging è il primo elemento che i consumatori notano sugli scaffali e spesso è anche il fattore principale che orienta gli acquisti. È ovvio che con l’aumento della sensibilità ambientale le aziende tendano sempre di più verso un packaging sostenibile. Proprio in questi giorni leggevo che alcuni dei più noti marchi italiani, come Ferrero o Ferrarelle, hanno lanciato grandi campagne per rendere riciclabile il loro packaging e favorire il riutilizzo degli imballaggi. Iniziative di questo genere sono molto importanti perché denotano un vero e proprio cambio di mentalità: non si tratta soltanto di riciclare ma di promuovere un’autentica economia circolare per la plastica.

Dar vita a un ciclo virtuoso

È questo il passo che tutta l’industria del packaging deve compiere per giocare un ruolo da protagonista nella creazione di nuovi modelli di produzione e distribuzione della plastica. L’obiettivo è dar vita a un ciclo virtuoso: un ciclo nel quale la plastica non sia soltanto un rifiuto ma un materiale che può essere recuperato e riutilizzato, producendo guadagni in termini ambientali ed economici.
Le grandi aziende lo hanno già capito. Ma anche i piccoli produttori stanno compiendo passi importanti in questa direzione. (2)
L’ATIF promuove la collaborazione tra grandi e piccole aziende anche su queste tematiche: remiamo tutti nella stessa direzione!
È l’unico modo per generare un cambiamento reale che vada nella direzione del rispetto dell’ambiente. La nostra filiera è pronta con competenze, tecnologie, professionalità, impianti e processi produttivi a raccogliere e vincere questa sfida.

MPA – Marco, tu oltre che presidente ATIF vivi e operi proprio a stretto contatto con l’Università di Salerno dove si fa ricerca avanzata per la plastica sostenibile. Ci puoi dare degli aggiornamenti? Come collabora la tua azienda?

M. G.  – Lo formazione è oggi più che mai un fattore determinante per il successo delle aziende e lo sviluppo di soluzioni innovative. Per questo con Bioplast, la mia azienda con sede a Fisciano, e altre aziende del comparto abbiamo scelto di collaborare con l’Università degli Studi di Salerno, una vera e propria eccellenza del panorama accademico italiano.

Eccellenze formative
Laboratori Fisciano

Un laboratorio  per prove di imballaggi con effetto barriera nel campus di UNISA a Fisciano

L’obiettivo comune è investire nella formazione dei giovani laureati e formare quelle figure professionali altamente specializzate di cui oggi c’è penuria sul mercato del lavoro. Per questo, in partnership con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno, abbiamo lanciato il MATESPACK, un Master di I livello in MAteriali e TEcnologie Sostenibili per PACKaging Polimerici e Cellulosici coinvolgendo anche altre aziende della filiera. Il percorso prevede 1500 ore di formazione specialistica, in aula e in azienda, per laureati in materie tecnico-scientifiche che vogliono verticalizzare le proprie competenze nel settore del packaging. Per le nostre aziende, fare formazione significa creare valore aggiunto e migliorare la qualità e la sostenibilità dei prodotti.
Sempre in collaborazione con UNISA, stiamo lavorando per lanciare nuovi percorsi formativi a livello europeo: investire sul Capitale Umano significa investire nello sviluppo dell’impresa e arginare la fuga dei tanti giovani talenti che, ogni giorno, sono costretti a lasciare il Sud Italia per trovare lavoro. La prima edizione è stata un successo: 14 dei 15 partecipanti sono stati assunti dalla aziende coinvolte. Nelle prossime settimane lanceremo la seconda edizione.

Come ci si muove nel mondo

MPA – Sante, oltre che presidente FTA Europe sei a stretto contatto con associazioni flexo nel mondo. Quali notizie ci porti dai Paesi più attenti all’ambiente?

Sante Conselvan – Le associazioni Europee, Americane e dell’estremo Oriente sono tutte coinvolte nell’informare ed educare a un maggiore rispetto dell’ambiente.
L’informazione rappresenta un’azione di conoscenza della formula “Circular Economy” che non vuol dire demonizzare la plastica o il packaging, ma modificare la percezione del problema. Con dati che permettano di comprendere quali azioni attivare per diminuire l’impatto ambientale con la riduzione, il riutilizzo e il riciclo del packaging.
Tutti ormai hanno compreso che produttori di beni di largo consumo o durevoli (Brand), creativi (Designer), stampatori (Converter) e fornitori di tecnologia/materiali (Supplier) devono dialogare per un comune obiettivo: il “Packaging Sostenibile”.

AbFlexo

Medaglie del premio qualitade di AbFlexo

MPA – Recentemente sei stato in Brasile. Purtroppo le notizie sull’ambiente da quel Paese non sono confortanti. Qual è la posizione dell’industria flessografica?

S. C. – Il Brasile è la nazione mondiale con la più alta percentuale di area protetta, circa il 60% del territorio. Questo dato comporta che cresca necessariamente, nel tempo, una maggiore attenzione affinché si preservi la natura e si educhino le persone al riciclo.
L’associazione ABFlexo è impegnata a diffondere informazioni ai propri membri, sia in termini di legislazioni sia di nuove tecnologie/prodotti. Nel recente Convegno ci hanno chiesto di presentare le norme Europee per confrontarle con le loro.

MPA – Vista da fuori, come ti sembra l’industria italiana del packaging e della flexo?

S. C. – Molto attiva e creativa. Il suo obiettivo non è solo quello di stampare, ma anche di dialogare con il Brand per ricercare la soluzione di packaging più adatta al prodotto che si vuole imballare.
Il Converter si fa promotore di nuove soluzioni per ottimizzare il contenitore perché rispecchi le esigenze primarie del suo utilizzo, con un impatto ambientale minimo, utilizzando nuovi supporti e nuovi inchiostri con eventuale contenimento di costi.
La filiera del Packaging italiano ha una lunga tradizione in termini di efficienza e qualità. Basti ricordare che una notevole quota dello stampato eseguito in Italia, intorno al 45/50%, viene esportato.

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(1) ma questo non ha nulla a che fare con le preoccupazioni di Greta e dei giovani sul cambiamento climatico. Questo è un altro tipo di inquinamento, comunque importante e dannoso per il pianeta

(2) segnaliamo due casi ‘artistici’ di riutilizzo della plastica, di cui abbiamo parlato qui

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Sul tema della plastica biodegradabile e compostabile invitiamo a leggere questo articolo da un’indagine svolta al K 2019 con intervista a Eric Pavone di Bobst