Riprendiamo, autorizzati, dall’articolo “Proposte & Problemi per l’Innovazione. L’Idea di Giacomo Bandini”, l’analisi su come e se l’Italia saprà cogliere l’occasione del Recovery Fund per la digitalizzazione. In un’Italia in cui le competenze digitali non hanno raggiunto i livelli auspicabili per una realtà che vuole ancora essere competitiva a livello internazionale.

Giacomo Bandini, direttore generale Policies for sustainable development di Competere,  analizza ila parte relativa a Transizione 4.0 del documento #Nextgenerationitalia, con le linee guida per il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Il documento dà priorità a ricerca, reti e infrastrutture e competenze digitali.
Riuscirà il Governo – si chiede Bandini – a porre finalmente le basi per una vera trasformazione digitale e a condensare le proposte in un’unica strategia?

Digitalizzazione

Al primo posto del Recovery Fund è stata inserita la voce “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”. Le risorse provenienti dal Recovery Fund saranno un’opportunità per innovare e digitalizzare l’Italia oppure si tratterà dell’ennesima occasione sprecata?

Ma già le premesse non sono incoraggianti: nel documento, infatti, traspare la consapevolezza dello scenario italiano, Paese che viene etichettato come un “moderate innovator” nello Scoreboard elaborato dalla Commissione Europea. Non solo, ma si sottolinea come dal punto di vista delle attività e degli investimenti in ricerca e sviluppo esiste un gap importante tra l’Italia e i paesi più avanzati. Se questo non bastasse, le competenze digitali non hanno raggiunto i livelli auspicabili per una realtà che vuole ancora essere competitiva a livello internazionale.

Priorità per l’innovazione

Le indicazioni prioritarie del governo includono la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, l’istruzione, la sanità e il fisco. Lo sviluppo delle infrastrutture e servizi digitali del Paese. Investimenti che favoriscano l’innovazione in settori strategici nonché migliorare l’efficienza del sistema produttivo, con particolare riferimento alle filiere produttive strategiche (settore agroalimentare, industriale e turistico/culturale). Infine, completare la rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica e le reti 5G e potenziare datacenter e infrastrutture cloud.

Digitale, chi era costui?

Un’idea sugli interventi presentati dai vari ministeri è trapelata attraverso un documento – ampiamente riportato e discusso sui maggiori quotidiani nazionali – che contiene centinaia di progetti e dove la parola “digitale” compare ben 132 volte, ma anche in modo del tutto improprio.

Nel suo articolo Giacomo Bandini auspica che il Mise riproporrà la continuazione del Piano Transizione 4.0 dove i miliardi da prendere dal Recovery Fund e dai Fondi Strutturali erano inizialmente 60 miliardi, anche se in realtà saranno solo 25, come ha rettificato il Ministro Stefano Patuanelli. Fondi finalizzati alla continuazione del sistema di crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, l’acquisto di beni strumentali, ma non per la formazione. Quasi 4 miliardi, invece, sono dedicati al 5G insieme a “soli” 500 milioni per coprire le arre grigie con la banda ultra larga.

Anche il Ministero per l’Innovazione ha presentato un discreta lista di progetti. Quindici miliardi il pacchetto più corposo che include: voucher per acquistare beni tecnologici e favorire lo Smart Working; attrazione di investimenti per l’innovazione di frontiera, la ricerca applicata e la creazione di Zone Economiche Speciali Innovative; nuovi data center e tecnologie nell’ambito Cloud, HPC, tecnologia 5G, Edge Computing e Hyperscalin.

Troppi progetti ma mancano le basi

La mole dei piani presentati da tutti i Ministeri e che guardano alla tecnologia deve fare riflettere su altri due aspetti significativi. L’analisi di Bandini fa notare che negli ultimi dieci anni l’Italia è riuscita a realizzare solamente una parte delle misure previste per il digitale e la trasformazione tecnologica dei processi produttivi. A m progetti risultano quasi obsoleti nel 2020.
Per parlare di rilancio della competitività è necessario avere delle solide basi su cui ripartire. Le basi sembrano invece il vero problema. Non le tecnologie e le reti del futuro.

Infine, resta il dubbio sulla capacità di raggruppare i singoli schemi ministeriali in un Piano nazionale per l’innovazione. Entro il 2023 l’Italia avrà a disposizione, oltre ai 65 miliardi del Recovery Fund, 43 miliardi di euro della programmazione 2014-2020 e altri 10-12 in arrivo da React Eu.

Sarà capace il governo a raccogliere in unica strategia tutte le priorità sotto il profilo dell’innovazione e valorizzarle? Riuscirà, inoltre, a mostrerà ai cittadini un cambio di passo nella gestione dei fondi europei?
Ce lo auguriamo tutti.
#NextGenerationItalia