All’evento “Branding, creare una identità nella decorazione” organizzato da DecorLab Allestire, il 19 gennaio scorso in live streaming, si è parlato di come le possibilità di personalizzazione assumano un’importanza fondamentale nell’identificazione del brand.  Intervistiamo Micaela che ha svolto il tema del Personal Branding : Come nasce un brand, La comunicazione, il valore, la reputazione. Le possibilità di personalizzazione assumono un’importanza fondamentale nell’identificazione del brand e nella sua capacità di attrarre. Nell’intervista spiega come farlo, perché e i vantaggi che se ne ottengono.
La registrazione dell’intero evento è disponibile sul sito di Allestire.

 

personal brandingIl personal branding non è certo una novità. Basti pensare alle legioni romane andavano a conquistare il mondo con il simbolo dell’aquila con l’acronimo SPQR. Probabilmente il primo marchio e la prima corporate identity.
Dava un senso a chi vedeva il marchio ‘da fuori’.
Poi nasce lo slogan: lo ‘inventò Elena la madre dell’imperatore Costantino quando disse al figlio “in questo segno vinci” uno slogan abbinato all’immagine, il logo.

È così che nasce la pubblicità?
«Noi abitiamo nella regione del mondo dove è stata inventata la ‘comunicazione del marchio’. Ma non da ieri. L’esempio dei romani e di Costantino è significativo. Lo slogan abbinato all’immagine, e questa è stata la prima forma di comunicazione attraverso uno slogan. Da allora abbiamo sempre collegato l’identità della società a meccanismi di tipo comunicativo e li abbiamo usati per i segnali verso l’esterno

E veniamo a oggi: l’identità di una società, la cosiddetta corporate identity. Come la possiamo definire e spiegare?
«La corporate identity è composta da due elementi opposti: l’identità che chi sta fuori attribuisce all’unità, cioè è l’idea che noi abbiamo di un marchio, un brand e l’immagine che si forma all’interno. Quella che indica il senso di appartenenza. Io sono fiero perché lavoro in Microsoft, o Apple… »

Tutto questo percorso della formazione interna dell’identità e della comunicazione dell’identità su chi sta fuori appartiene alla comunicazione. Quindi come si deve agire?
«Un passaggio importante, tra le riflessioni riguardanti il brand (la marca), è relativo alle modalità di costruzione della sua immagine. E siccome l’immagine della marca si forma per antropomorfizzazione, ciò significa che l’immagine di una marca nella mente del consumatore si forma né più né meno come si forma, nella mente, l’immagine di un vicino di casa. Viene sedimentato, momento dopo momento, il “racconto” della comunicazione svolta. Questo sottolinea l’importanza di una comunicazione coerente nel corso del tempo, in cui sia chiaro il cammino percorso dalla marca, l’evoluzione e i valori ad essa legati

Allora proviamo a utilizzare la metafora della marca come un vicino di casa. Facendo mente locale ai propri vicini, molti sono familiari, altri nuovi e magari ugualmente interessanti. Come si trasferisce al brand?
«Svolgiamo l’analisi sui due piani paralleli: persone/marca – operando il confronto tra le relazioni che ci avvicinano al nostro prossimo, e quelle che ci legano alle marche commerciali. Possiamo osservare che le relazioni tra persone sono influenzate e guidate da una molteplicità di elementi, seduzione, carisma o stima, familiarità, diversità e, anche, legittimazione

Come dire che oggi tutti siamo un Brand, che lo vogliamo o meno.
«Certo, e oggi i brand cercano sempre di più di essere esseri umani, ci parlano. I brand si fanno persone e anche le persone si fanno brand.»

Perché questo?
«Perché ci sentiamo obbligati a comunicare con gli strumenti che portiamo in tasca e, di conseguenza, chi vede queste comunicazioni non può evitare di farsi un’opinione sulla base della sua etica, cultura e stile. Se si vuole governare tutto questo per ottenere riflessi reali sulla vita professionale bisogna fare un’operazione di comunicazione ragionata, avendo un’idea chiara e coerente delle percezioni che si vorranno infondere a chi ci vede.»

E veniamo alla identità personale, concetto che ci introdurrà al personal branding. Come la possiamo definire?
«L’identità personale è tutto ciò che noi siamo, le nostre caratteristiche fisiche, psicologiche, culturali a partire dal nome e dalla data di nascita. È l’espressione del rapporto tra una serie di aspetti personali: il modo di ragionare, di affrontare i problemi, di comunicare con gli altri, gli interessi, le abilità, l’atteggiamento verso il mondo esterno, i rapporti affettivi con le persone o con i luoghi, il modo di porsi nei confronti degli altri, i progetti per il futuro. Tutto questo ci rende unici e inconfondibili agli occhi degli altri e ci dà un senso di definizione, appartenenza e continuità nel tempo che ci permette di dire ogni giorno: “questo sono io”, riconosco me stesso come lo stesso di sempre anche di fronte a cambiamenti importanti.»

E qual è la relazione con il mondo esterno, quello degli affari, o della propria carriera professionale?
«Identità personale non è una rappresentazione elaborata al di fuori del rapporto sociale o un’identità privata, non tangibile agli altri. L’identità sociale – e quella personale – sono due concetti non totalmente distinti del Sé, che lavorano insieme: l’appartenenza a categorie sociali o l’inserimento in ruoli sociali comporta un significato personale e tali appartenenze entrano nella concezione di Sé

Questo ci introduce al concetto attuale del web, dei social media.
«Che non è più il luogo dell’anonimato e della libertà assoluta, che porta a nascondere l’identità, ma il luogo dove, di fronte a tutti, i soggetti si prendono in prima persona la responsabilità di quello che sono e che vorrebbero essere. I nuovi social network sono la rappresentazione evidente si questo comportamento. L’elemento della soggettività, il mondo privato di ognuno è in diretto contatto con la socialità. Quanti più amici/follower hai tanto più vieni riconosciuto e ti senti forte in termini d’identità. Quindi il massimo della soggettività è il massimo della socialità

Farci scegliere

Qual è il primo postulato che emerge da quanto finora raccontato?
«Acquisire nuove competenze e investire nella formazione è importante, ma non basta più. Ora più che mai è fondamentale reinventarsi e innovarsi professionalmente. Creare un nuovo valore e saperlo comunicare in modo efficace. Cosa che non si improvvisa. Per farci scegliere.

Perché gli altri dovrebbero sceglierci, e come ?
«L’obiettivo non è vendersi, ma farsi scegliere e comprare, attrarre più opportunità. Occorre imparare a gestire in maniera strategica la propria immagine professionale e saper individuare e comunicare in maniera efficace, quindi semplice e credibile, chi siamo, cosa sappiamo fare, come lo sappiamo fare e, soprattutto, perché gli altri dovrebbero sceglierci.»

Non sembra una cosa scontata, dovrebbe richiedere un certo sforzo e una certa preparazione. Da qui si passa quindi al Personal Branding ?
«È sempre più necessario un lavoro di Personal Branding per se stessi come professionisti e per l’azienda. Perché il Personal Branding non è solo aumentare la propria competitività: è un meccanismo efficace da applicare anche all’interno dell’azienda.»

Come funziona

Come si lavora sul Personal Branding ?
«Ci sono tanti modi di lavorare sul Personal Branding. Quello che trovo più interessante e efficace è l’applicazione e l’integrazione dei paradigmi del marketing e della progettazione alle persone per aiutare team e singole persone a innovarsi. Usiamo quindi un unico paradigma per trattare il branding e il personal Branding. »

Forse prima dobbiamo ancora capire bene che cos’è il personal branding
«Il personal branding è l’unione tra la tua personalità e i problemi che risolvi. Detto in un altro modo: serve a far capire ai tuoi potenziali clienti non solo chi sei e cosa fai, ma soprattutto come lo fai e perché. Per poi comunicarlo al meglio

Ci sono tante definizioni e interpretazioni di Personal Branding.
«A me piace questa: Personal Branding significa aiutare le persone a gestire e sviluppare la propria immagine professionale. Fare Personal Branding significa gestire in maniera strategica la propria immagine professionale. In questa definizione ci sono tre parole importanti: Immagine, Strategica, Gestire. Immagine è ciò che viene percepito e visto dagli altri, e che deve essere funzionale a qualcos’altro, a ottenere un risultato. Strategica una parola che si lega agli obiettivi. E qui si apre un tema piuttosto lungo e complesso che non si può affrontare in pochi minuti. Perché spesso il primo problema da risolvere e sviscerare è: capire quale obiettivo. Gestire è la parte più faticosa: pensare cosa posso fare, che cosa mi rende credibile, quali leve utilizzare, ma anche controllare, monitorare, misurare

Non sembra un concetto di semplice e immediata acquisizione o auto-acquisizione.
«In realtà il Personal Branding è un processo, come quello che avviene in fase progettuale. Un processo per aumentare la propria immagine e migliorarla. Un processo che va guidato

Ma perché bisogna fare Personal Branding? E chi?
«Perché ora è necessario attirare opportunità. Bisogna emergere dalla massa e rendersi identificabili, appetibili. Faccio un esempio. Il proliferare di messaggi su LinkedIN. Questo Social era nato per contatti diretti di tipo professionale. Dal lockdown del marzo scorso, con la perdita del contatto diretto venditore-cliente, c’è stato uno sviluppo enorme di messaggi promozionali, di offerte di vendita. Ma il risultato oggi è una enorme confusione, per cui è difficile distinguere il grano dal loglio, come si dice. È importante avere un facile trasferimento del proprio valore nel mercato.»

Ma che cos’è il valore ?
«Il tema, molto abusato, del valore nasconde un piccolo problema : se io devo valorizzarmi devo capire quale valore trasferisco agli altri. Il secondo tema molto importante è : Identificazione dell’Obiettivo.»

Non è semplice avere un obiettivo, in un mondo che è volatile, incerto, complesso e ambiguo.
«Infatti. Tra queste caratteristiche in particolare mi interessa la parola complessità, riferita per esempio alla carriera dove è difficile capire in anticipo cosa vuoi fare. Spesso gli obiettivi diventano chiari solo in retrospettiva e piano piano si formano nella tua mente. Ci vuole agilità cioè agire velocemente nei cambiamenti. Il Personal Branding diventa strumento di agilità per sondare la complessità e identificare la propria promessa di valore. Per comprendere se si è abbastanza credibili, per decidere come posizionarsi correttamente e per creare un’identità digitale consistente.»

Per fare tutto questo occorre sviluppare un piano di lavoro adeguato. E quindi perché e conme fare un Personal Branding. Quali sono gli strumenti?
«Lo strumento che ritengo più interessante da usare è lo strumento visuale, che sfrutta quindi il canale visivo, utilizzando gli strumenti del design e della progettazione. Quindi il foglio bianco, il cosiddetto canvas. Qualcosa che può ricordare il Business Model Canvas che si utilizza in azienda per mettere in luce il valore dell’impresa. Ci sono tanti modelli di canvas, da non confondere con una Checklist. Una Checklist è un gruppo di blocchi sparsi nella pagina che ti aiuta a ricordare tutto ciò che devi fare per ottenere una certa cosa; è sicuramente utile ma non è quello che mi interessa. Il Canvas mappa un processo, permette di fare un ragionamento agile, di fare dei cambiamenti rapidi ed è legato alla progettualità. È la creazione di un vero e proprio ‘mood board’ personale

Come si deve comportare che segue un corso di Personal Branding ? Quali sono le domande che deve porsi?
«Importanti sono le domande fatte nella maniera giusta che riguardano il proprio pubblico, gli elementi chiave legati alla propria competenza, alla tua professionalità, alla tua identità che è importantissima dove si trovano i tuoi valori, la tua visione il tuo modo unico di vedere le cose. E poi, non meno importante, la tua credibilità. Quando scegli le cose giuste questo definisce una promessa, una promessa di valore.»

Non affezionarsi a un’idea

Come facciamo a trasferire questa promessa di valore? C’è un atteggiamento tattico nel marketing che si chiama posizionamento cioè una differenziazione rispetto ai concorrenti, dire come ti differenzierai rispetto a loro.
«Perché se cambi il pubblico cambia tutto. Qui si fa strategia, design. Gli strumenti visuali permettono anche la condivisione.»

E dopo?
«Dopo si trasferiscono questi concetti sul proprio profilo. E solo a questo punto può iniziare la brand identity. La comunicazione visiva che fa capire ai tuoi potenziali clienti chi sei, che lavoro fai, come lo svolgi e anche la tua personalità e rappresentare ciò che fai, puoi fare e farai, con la tua attività

Un’ultima domanda. Si può fare brand identity senza aver fatto personal branding?
«È come iniziare un progetto senza aver fatto ricerca, analisi, il moodboard. Come costruire una casa senza prima averla immaginata, progettata. Rimane un progetto con contenuti meno originali e si rischia poi di dover procedere a ritroso, sperando che il lavoro di branding sia allineato con tutto il resto.
«Quindi sarebbe un errore sottovalutare il lavoro di Personal Branding, e di conseguenza sottovalutare la brand identity, magari andando avanti con un logo generico che non ci rispecchia, spesso da solo, senza pensare al resto dell’immagine coordinata.
«Un altro errore è affezionarsi a un’idea perché va di moda o perché si è sempre fatto così, e non esplorare altre idee che comunicano meglio i propri obiettivi. Obiettivi che ci rispecchiano e che siano: specifici, misurabili, accessibili, realistici, temporizzabili. Questa è la parte più complessa del lavoro, ma è quella che dà risultati

Grazie.

Per informazioni mailto: micaela@metainitaly.eu  

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