Un quadro realistico sulle problematiche del packaging è stato offerto dal convegno “Imballaggio del futuro e sostenibilità ambientale” organizzato dal quotidiano Repubblica e H-FARM, con la partecipazione di Istituto Italiano Imballaggio e Conai,

Pubblico numeroso e attento premiato da relatori di alto livello scientifico e di conoscenze del mercato del packaging. Possiamo sintetizzare così l’evento ospitato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli lunedì 13 maggio a Milano in occasione del Best Packaging 2019 (di cui riferiamo qui).

«La filosofia Zero Waste sta sempre più prendendo piede al giorno d’oggi – ha introdotto Luca Fraioli, giornalista scientifico di Repubblica –. Finalmente, le grandi e piccole aziende si stanno attrezzando per realizzare packaging eco-sostenibili
Ma poiché è impensabile vivere in un mondo senza imballaggi, fondamentali per la trasportare e conservare adeguatamente i prodotti, «non si può trascurare la necessità per le aziende di esaltarne i valori comunicando le loro caratteristiche con un design accattivante e soluzioni creative
Quindi non si può colpevolizzare il packaging se il mondo è sommerso dai rifiuti e dalla plastica. A parte che secondo le stime, solo il 4% dei rifiuti deriva dagli imballaggi. Ma neppure si può far finta di nulla sui danni dovuti alla plastica: ecco un esempio recentissimo.

Qualche buona notizia

packaging relatoriA confortare i pessimisti e i critici irriducibili, come chi scrive, vengono le buone notizie dalle Università. E da quelle italiane in particolare. Dobbiamo infatti riconoscere subito, che l’Italia è all’avanguardia nella ricerca e sviluppo di materiali innovativi e sostenibili proprio nel settore dei polimeri. E non solo le Università, vista la recentissima soluzione scovata dagli studenti dell’Istituto tecnico E. Fermi di Mantova (Repubblica 16 maggio 2019). L’utilizzo della larva di Galleria mellonella, comunemente nota come Camola del miele, che rende il polietilene (PE) biodegradabile e con residui tutti riutilizzabili.

Lo sforzo dell’innovazione tecnologica è quindi mirato affinché le funzioni degl imballi possano essere assolte in modo sostenibile, soddisfacendo sia i bisogni del consumatore, sia gli standard di sicurezza.

Sul tema dei materiali è intervenuta Paola Fabbri, Professore di Scienza e Tecnologia dei Materiali all’Università di Bologna, che – come il Dipartimento di Ingegneria di Salerno nel campus di Fisciano, sotto la guida della professoressa Loredana Incarnato – sta conducendo studi avanzati nel campo delle plastiche biodegradabili e compostabili.

Come ha spiegato Paola Fabbri, sono sempre più numerose le aziende che si rivolgono al mondo della ricerca per ideare packaging sostenibili.
«I rifiuti da imballaggio, che ciascuno di noi produce nella misura di 210 kg ogni anno, sono il materiale più difficile da recuperare. E la plastica è un problema. Niente a che vedere, per esempio, con carta, vetro o alluminio.
«Il problema dei polimeri – dice Paola Fabbri – è che ne esistono tante tipologie diverse, ciascuna con prestazioni interessanti per il packaging. Ma questa grande versatilità al momento del recupero e del riciclo si traduce in uno svantaggio

Emergenza inquinamento

Ma la plastica come sappiamo ha i suoi vantaggi e ha rivoluzionato l’imballaggio perché ha proprietà uniche. È una barriera che impedisce la contaminazione dei cibi. Può essere trasparente, e quindi permettere al consumatore di vedere il prodotto. È stampabile con alta qualità per cui i brand possono evidenziare i loro prodotti come sulla carta.
Ma l’emergenza inquinamento ci impone di trovare nuovi materiali degradabili e non inquinanti. Così si riscoprono i derivati della cellulosa, che purtroppo non riusciranno mai sostituire polimeri come il Pet (poliestere).

«Più facile allora – prosegue Paola Fabbri – che si ricorra a bioplastiche, più sostenibili dal punto di vista ambientale. Noi scienziati dobbiamo capire quali prestazioni possono davvero garantire negli imballaggi, in particolare per l’effetto barriera.»

Tutti gli interventi hanno messo in chiaro che, trovati i materiali – e sono già disponibili come dimostrato alla premiazione del Best Packaging – il legislatore deve poi favorirne la diffusione, anche a fronte di costi maggiori rispetto ai materiali tradizionali.
Ci vuole quindi una grande azione di informazione che coinvolga tutti, dai produttori ai consumatori: l’innovazione è così rapida che spesso molti ignorano che, a volte, la soluzione è già a portata di mano.

GDO e consumatori
Conai e Istituto Italiano Imballaggio

I presidenti di Istituto Italiano Imballaggio e Conai intervistati da Luca Fraioli di Repubblica ribadiscono l’impegno dell’associazione e del consorzio

Non solo le aziende, ma anche i consumatori giocano un ruolo cruciale in questa battaglia per ridurre l’inquinamento e sono molte le organizzazioni che stanno studiando soluzioni intelligenti. È stato il tema trattato dall’Istituto Italiano Imballaggio e dal consorzio Conai.
E poi la GDO. Ed è positivo vedere come alcune grandi catene di distribuzione siano già da tempo attiva in questo senso. (si legga in proposito il resoconto della premiazione del Best Packaging per l’ambiente).

Carlo Alberto Pratesi, Professore di Marketing, Innovazione, Sostenibilità presso l’università di Roma Tre e il pubblicitario Roger Botti, Direttore Generale e Direttore Creativo Robilant & Associati, hanno approfondito il tema della grande distribuzione. E quindi del packaging dal punto di vista del mercato.
Come in altre occasioni, Roger Botti è andato oltre le tematiche della stampa, in quanto sottolinea quanto anche forma, trasparenza, etichetta, colore giocano ruoli fondamentali.

Alla fine è emersa, quasi un appello, la necessità della collaborazione stretta non solo in ambito della filiera materiali, stampa, trasformazione e distribuzione, ma tra le filiere industriali. Solo così e con “la voglia di collaborazione” si può ottenere la vera innovazione. Con il doppio vantaggio, di avere un packaging utile e sostenibile, riduzione dei rifiuti e dei consumi di materie prime fossili, e anche di energia.

Il futuro è dunque nelle mani delle filiere industriali oltre che dei consumatori e dei legislatori. E dei media che hanno il compito e il dovere di informare e educare.