Se avete dei tesori da conservare, potete affidarvi con tranquillità alle cassette di sicurezza del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure a Genova. È infatti riconosciuto che il suo caveau è tra i piú moderni e sicuri d’Europa.

La sede genovese dello storico banco tigullino – nato nel 1870 a opera di un gruppo di operatori della cittadina del levante ligure come “Banco di Sconto del Circondario di Chiavari” – fu qui aperta nel 1919 per opera dello storico proprietario, il senatore Nicola Giuseppe Dallorso, che ha mantenuto la presidenza del banco per molti anni.

Dal ‘500 all’Art Nouveau

I lavori per la sua realizzazione, in uno del palazzi patrizi rinascimentali di Strada Nuova, iniziarono nel 1910.

Una premessa è necessaria per conoscere apprezzare il Palazzo Spinola Gambaro il primo che si incontra a sinistra entrando in Strada Nuova (l’attuale via Garibaldi) al numero 2. La combinazione tra lo stile rinascimentale e quello del ‘900.

Perché è in ‘stile moderno’ (1) – che ebbe grande visibilità in Italia nel 1902 all’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna di Torino e nel 1906 all’Esposizione internazionale di Milano – il piano terreno che ospita gli sportelli e appunto l’accesso al caveau. Un intelligente e perfetto adattamento allo stile originale di un palazzo cinquecentesco.Caveau Banco di Chiavari

Siamo nel secolo in cui le grandi famiglie patrizie genovesi facevano a gara per costruire ‘un palazzo più bello di quello del vicino’ dopo che la Repubblica deliberò di aprire questo varco attraverso i vicoli della Maddalena, separando materialmente la zona malfamata dalle alture signorili. Iniziò così l’esproprio e la demolizione delle casupole (che erano appannaggio delle prostitute) per realizzare un quartiere aristocratico.
Il tracciato fu chiamato Strada Maggiore, ma per volere del popolo fu presto chiamata Strada Nuova. Non doveva essere una via di comunicazione, ma di passeggio (fortunatamente oggi è nuovamente chiusa al traffico veicolare).
Fu progettata dall’architetto Galeazzo Alessi nel 1551, “che in niun’altra città d’Italia trovasi una strada più magnifica e grande, né più ripiena di ricchissimi palazzi” come ebbe a scrivere Giorgio Vasari nelle sue ‘Vite’.Gambaro Spinola

Di famiglia in famiglia

Tra i tanti palazzi della via, questo non è tra i più appariscenti e il lotto di terreno acquistato era tra i più piccoli, ma ben collocato all’angolo con le Fontane Marose, la grande piazza in cui si svolgevano i tornei. Il palazzo tuttavia riveste notevole importanza e interesse per le decorazioni interne.

Contrariamente all’architettura che è di metà XVI secolo, gli affreschi sono del secolo successivo. La ragione sta nel fatto che il committente, Baldassarre Lomellino, era anziano e in quegli anni le sue finanze non erano fiorenti (si risentiva ancora della perdita dei possedimenti genovesi sul Mar Nero).

Dopo la costruzione nel 1565, cambiò due volte proprietà, prima Cambiaso e poi Gambaro e infine Alessandro Spinola. Fu quest’ultimo a commissionare le decorazioni, prima nel 1630 e poi nel 1650.

Sono tutti affreschi, ma anche stucchi e, come vedremo, il cortile e il terrazzo, che hanno un tema specifico: quello della pace.

I proprietari volevano infatti evidenziare il periodo di relativa tranquillità per la Repubblica e lo fecero con una serie di allegorie, con gli affreschi che troviamo al piano nobile.

A partire dal Tritone che simboleggia la supremazia genovese sui mari, troviamo poi il Trionfo della Pace e Giano (che la leggenda vuole legare al nome della città) che imprigiona il Furore. Affreschi di Domenico Piola, uno dei maggiori pittori genovesi del secolo.Gambaro Spinola

Una passeggiata nella cultura

Altro affresco del Piola, la Sibilla che rivela Maria ad Augusto ha un significato allegorico cui la famiglia teneva molto. E lo ritroviamo nel terrazzo sopra il cortile (ora coperto per far spazio agli sportelli della banca), che ospita un particolare ninfeo.
Tutto l’insieme merita una spiegazione. Tutte queste decorazioni erano state concepite per offrire agli ospiti un ambiente che unisse arte pittorica e scultorea a mitologie e letteratura. Insomma, quella che per i proprietari doveva essere “una passeggiata nella cultura tra arte pittorica e letteratura”.

Gambaro Spinola_Ninfeo

Il Ninfeo del Palazzo Gambaro Spinola

Il ninfeo è molto particolare. Un mosaico nella nicchia che ospitava la splendida statua marmorea di Elena rappresenta l’incendio di Troia, ma con la Fenice a simboleggiare la rinascita. Da qui i collegamenti con la Pace, la Sibilla e Augusto: dalla distruzione di Troia, infatti, Enea giunge in Italia e, come sappiamo, qui nascono Roma e poi il Cristianesimo. Un collegamento un po’ forzato, ma eravamo in pieno Seicento. Ospitava, dicevamo, la statua di Elena che dopo qualche pellegrinaggio per i musei cittadini, si trova oggi al Museo S. Agostino.

Gambaro Spinola

Il Ninfeo – particolare dell’incendio di Troia

Oggi questo palazzo è difficilmente visitabile, solo nella giornata dei Rolli (ma non in tutte le occasioni) oppure se si è membri del CdA della Banca.

E questo palazzo non è il solo a ospitare una banca: di fronte, il Palazzo Parodi è oggi della banca Unicredit.

(1) «Adoperiamo questo nome generico per indicare l’architettura nuova, poiché nessuno di quei nomi, floreale, liberty, ecc. hanno un carattere serio per poter essere universalmente accettati. Quest’arte non si può chiamare floreale, non corrispondendo a verità, poiché tutta l’arte nuova non intende d’ornarsi solo di fiori e di piante, ma si estende a ogni campo essendo varia come la fantasia dei costruttori.» (Wikipedia)