Si concludono con questo articolo le analisi sulle incongruenze storiche e tecniche sulle prototipografia nel XV secolo, riscontrate da Bruno Fabbiani nella vasta letteratura sulla storia della stampa.

Dopo le analisi del compianto professor Bruno Fabbiani che abbiamo ripubblicato negli articoli precedenti e ai quali rimandiamo, in questo ultimo della serie riportiamo le incongruenze da Lui scoperte e analizzate, relative agli studi dei secoli XIX e XX.

Questi sono gli articoli precedenti:
La controversa genesi della stampa tipografica – parte prima
Sulla genesi della tipografia – parte seconda
Prototipografia – le prime testimonianze

Le libere interpretazioni del già citato testo di Tritemio da parte degli storici (con le interpretazioni fantasiose emerse dal XVIII secolo a oggi) sono rilevabili in una serie di pubblicazioni. Limitandoci a quelle italiane, per esempio Giuseppe Ottino nella sua Bibliografia (Ulrico Hoepli, Milano, 1892) afferma: “Pietro Schöffer, abile scrivano, è uomo d’ingegno, che inventò i ponzoni (sic) le fusione dei tipi e l’inchiostro tipografico… (!)”.
Per quanto riguarda l’invenzione dei punzoni tale affermazione è in palese contraddizione con gli atti del processo di Strasburgo tra George Dritzehen e Johannes Guntenberg, nei quali vi è la testimonianza (del 1439) dell’orafo Hans Dünne, il quale affermava di aver guadagnato in tre anni (1436-39) 100 fiorini per le cose che attenevano alla stampa. È opportuno evidenziare che il lavoro dell’orafo Dünne era esclusivamente finalizzato all’esecuzione di punzoni in quanto Gutenberg doveva mantenere segrete tutte le altre operazioni del processo al fine di tutelare i suoi studi.
Giuseppe Isidoro Arneudo nel suo Dizionario Esegetico Tecnico e Storico della Arti Grafiche, pubblicato nel 1917 scrive: “Pietro Schöffer incise punzoni, batté matrici, fabbricò delle forme e fuse, lui calligrafo, caratteri piú aggraziati… fino al 1480 ebbe la collaborazione di Corrado Hannequis, figlio di Giovanni Fust”.

Tali affermazioni non sono valide prima del 1461-62. Il Supplemento n. 1 de “Le Arti Grafiche” pubblicato nel 1923, afferma che Peter Schöffer, amanuense, coabitante con Fust, immagina in quel tempo il modo di fondere i caratteri con maggiore facilità, intaglia nel rame le forme (in realtà derivate dalla battitura di punzoni) di acciaio e ottiene così matrici piú precise; egli fabbrica anche il primo inchiostro tipografico (!).
Se quest’ultima affermazione fosse vera ci si chiede che cosa avrebbe utilizzato Gutenberg per stampare le sue edizioni a Strasburgo prima del 1440.

Si riportano cronologicamente altri testi pubblicati su prestigiose riviste italiane: “Pietro Schöffer al quale la tradizione assegna… il merito di essere pervenuto all’incisione dei punzoni con cui battere le relative matrici (solo dopo il 1461), e ottenere la fusione del piccolo blocco della lettera in rilievo.”

Altri testi monografici affermano che “il disegno delle lettere (Salterio del 1457) fanno pensare all’opera di Schöffer… fors’anco iniziatore o inventore dei processi di incisione delle matrici e di fusione dei caratteri…

Gabriel Mandel nella Enciclopedia della Stampa – Reporto Bibliografico, pubblicata nel 1969 afferma: «Pietro Schöffer, nato intorno al 1425 a Gerssheim, presso Worms, morto a Parigi nel 1502, studiò in gioventù all’Università di Parigi; nella capitale francese fu, nel 1449, calligrafo e copista… entrò come artigiano orafo e come incisore calligrafo nella bottega di Johann Fust… Di Fust divenne socio e genero poiché ne sposò nel 1455 la figlia (o la nipote) Christine. Per l’azienda (di Fust) disegnò nuovi caratteri incise punzoni, coniò matrici… introdusse l’uso del rame e forse anche dell’acciaio (!) (là dove Gutenberg aveva usato soltanto il piombo) per fabbricare i punzoni. Le lettere furono fuse nel piombo e nello stagno

Anche i riferimenti bibliografici del XX secolo non hanno alcun riferimento oggettivo con quelli di Tritemio pubblicati nel 1690 a distanza di oltre 3 secoli queste constatazioni (1690-2008) dimostrano le deviazioni tecniche prodotte dai vari studiosi rispetto alle fonti primarie.
Volendo considerare ugualmente attendibili i riferimenti bibliografici espressi nel XIX e XX secolo (redatti anche da autori di chiara fama), emergerebbero comunque le seguenti incongruenze:
1) Secondo quanto riporta Tritemio, Gutenberg inizialmente realizzava e utilizzava caratteri incisi in legno (quindi era uno xilografo); successivamente il legno venne sostituito dal piombo per ottenere caratteri omologhi in metallo.
Le verifiche sperimentali richieste dall’autore allo xilografo e critico d’arte piemontese Gianfranco Schialvino, nell’incisione dei caratteri direttamente su piombo (con bulino) dimostrano che il piombo, a differenza del legno di bosso o del rame, sottoposto a forza di penetrazione degli strumenti incisori si deforma producendo caratteri irregolari con la tendenza alla “fratturazione” specie in corrispondenza dei grafismi fini, ad esempio dei puntini a forma di parabola presenti nelle “i” minuscole nella Bibbia delle 42 linee o nei punti interni ricavati nelle lettere maiuscole.
Mentre il legno è facilmente lavorabile, il piombo presenta notevoli difficoltà a causa dell’impastamento prodotto dallo stesso metallo negli utensili utilizzati (generalmente nei “denti” della sega e della lima), anche per la rettifica dei caratteri.

2) Nei riferimenti bibliografici precedenti si afferma altresì che Gutenberg utilizzò dei punzoni in piombo. Ovviamente tale mezzo non poteva essere utilizzato per punzonare metalli più duri in quanto i grafismi rilevografici si sarebbero deformati o schiacciati.

3) Pietro Schöffer, per produrre caratteri mobili (presumibilmente nel 1461-62), utilizzò dei punzoni in ferro al fine di ottenere grafismi omologhi su matrici di rame. Questa indicazione presuppone una fondamentale invenzione: la realizzazione di una fonditrice a passo variabile al fine di produrre caratteri con estensione diversa come la “i” o la “m” (tale dispositivo non è stato mai esplicitato da Tritemio citato e/o documentato da altri cronisti del XV secolo).

Gianfranco Schialvino esegue una verifica sperimentale di incisione sul piombo dimostrando che il metallo si deforma, a differenza del legno nelle xilografie, producendo caratteri irregolari

Gianfranco Schialvino esegue una verifica sperimentale di incisione sul piombo dimostrando che il metallo si deforma, a differenza del legno nelle xilografie, producendo caratteri irregolari

Amanuense o incisore?

Sulla base delle precedenti “considerazioni bibliografiche” (si veda l’articolo precedente) si cita: “Petrus autem memoratus Opilio, tunc famulus, postes gener, sicut dicimus inventoris primi, Johannes Fust, homo ingeniosus ac prudens, faciliorem modum fundendis characteris escogitavit…” [escogitò un modo piú facile per fondere i caratteri].
Il termine ingeniosus (ingegnoso, ricco d’ingegno) riferito a Pietro Schöffer (alias Opilio), non implica una conoscenza ingegneristica; il termine latino può semplicemente significare abile mentalmente, razionale. Anche il monumento di Francoforte in cui sono affiancati Gutenberg e Schöffer su un lato e Fust in un altro, evidenzia che lo stesso Fust, pur indicato (da Tritemio) come primo inventore, era più indirizzato al recupero dei suoi investimenti economici rispetto a un suo coinvolgimento per le risoluzioni della tecnica prototipografica. È importante notare che lo stesso Tritemio non dice come la più nota attività di “finanziatore” di Fust si coniughi con l’attribuzione di inventore dei caratteri mobili.
Il collega prof. Alessandro Gusmano, chimico già docente al Politecnico di Torino, che collabora a queste ricerche, fa notare che Schöffer, calligrafo, difficilmente avrebbe avuto la forma mentis geometrico-meccanica-metallurgica indispensabile per progettare e costruire la prima fonditrice di caratteri mobili a passo variabile. Questo tipo di invenzione è, per sua natura, piú probabile per chi abbia esperienze di meccanico o di orafo-fonditore, e molto meno per un amanuense.
È comunque curioso rilevare come a un altro calligrafo Giovanni Mentelin (secondo tipografo di Strasburgo dopo Gutenberg) si debba la prima produzione e utilizzazione dei caratteri mobili occidentali (1458-60) non per autonoma invenzione, ma probabilmente per il fatto che egli sia stato un coordinatore tra le abilità di diversi artigiani di Strasburgo stimolati e finanziati dallo stesso Mentelin.

Magonza o Strasburgo?

A conclusione di queste analisi storiche propedeutiche si può affermare che il vero anniversario dell’invenzione della stampa occidentale ha caratteri mobili non può riferirsi al 1440 (come si ricorda nei giubilei tipografici secolari iniziati dal 1640 a oggi), ma dovrebbe essere traslato più avanti di almeno 3 lustri.
Volendo mantenere la genesi prototipografica al 1440, ne derivano fondamentali priorità per la città di Strasburgo per quanto riguarda:
1) la prima stamperia europea con produzione di stereotipie punzonate;
2) la costituzione della prima società tipografica formata da Johannes Gutenberg con Andreas Dritzehen, Hans Riffe e Andreas Heilmann;
3) la costruzione (e sua utilizzazione) del primo torchio tipografico.

Legno o argilla?

Dopo le considerazionie, connesse alle metamorfosi bibliografiche del XX secolo, si apre un interrogativo tecnico inquietante: con i punzoni di piombo, Gutenberg cosa punzonava? L’unica alternativa possibile era la punzonatura di un materiale morbido come l’argilla umida sulla quale (dopo l’impronta del grafismo in incavo e del seguente essiccamento) si sarebbe potuto versare del metallo fuso e ottenere una stereotipia monoblocco in piombo e/o stagno.

Queste considerazioni aprono nuovo strade di indagine:
1) Gutenberg conosceva (per rimanere in territorio tedesco) la tavola di argilla di Prüfening, punzonata con singoli punzoni rilievografici (risalenti al 1119) ancor oggi visibile nella chiesa benedettina nei pressi di Ratisbona in Baviera?
2) La prima parte della Bibbia della 42 linee realizzata da Gutenberg (prima dell’arrivo dell’apprendista Schöffer), derivava da matrici punzonate sull’argilla?
3) Dopo la sedicente invenzione di Schöffer (con l’ipotesi della presunta proto-utilizzazione del punzone/matrice) le prime pagine della B42 sono state rifatte per uniformarle alla migliorata nitidezza del carattere ottenuta dalle matrici di rame?

Questi leciti e logici interrogativi mettono in discussione tre secoli di affermazioni degli storici che, per probabile mancanza di conoscenze tecniche, hanno ipotizzato delle verità non sostenute da analisi tecnico-scientifiche.

Non uno ma più inventori

Se è vero che l’invenzione tipografica nelle sue fasi iniziali doveva restare il piú possibile segreta, è altrettanto vero che inizialmente gli storici si sono trovati nelle condizioni di non avere riferimenti tecnici circostanti sulla parte essenziale del processo della «Ars Componendi».
L’attribuzione dell’invenzione dei caratteri mobili a Schöffer, non risulta derivare da verifiche eseguite sugi stampati che recano il suo nome. I primi riferimenti tecnici che indicano la metodica per ottenere i caratteri mobili risalgono a un secolo dopo il loro impiego.
A conferma di questa realtà si riporta una delle prime descrizioni tecniche di punzonatura su rame per ottenere singoli caratteri mobili, essa è stata redatta dal dottore Leonardo Fioravanti in “Dello specchio di Scienza universale” pubblicato a Venezia nel 1583 (Gutenberg, Fust e Mentelin erano deceduti da oltre un secolo), vedasi capitolo “Dell’arte della stampa e dei suoi effetti maravigliosi” (folio 70 recto)nel quale, correttamente, non si fa riferimento a un unico inventore della fonditrice a passo variabile dei caratteri mobili, ma a “alcuni huomini ingeniosi”.
Dal 1990 gli autori itlaliani sono diventati piú prudenti nell’attribuire a Peter Schöffer l’invenzione dei caratteri mobili: infatti i riferimenti storici su questo argomento si sono così modificati: “Dai pochi documenti pervenutici non risulta chiaramente né come, né quando, né quanto Schöffer abbia lavorato a questa Bibbia (B42) mancando tale opera del nome degli autori nel colophon”.

NOTA – Su questo argomento organizzammo nel 2004 a Genova, presso ARMUS Museo della Stampa, un convegno dal titolo “Processo a Gutenberg” che riscontrò molto successo, e anche molte polemiche. Un resoconto di tale “Processo” si trova nei numeri di Graphicus di quel periodo (una collezione completa si trova oggi presso Tipoteca Italiana. Altra, donata dal redattore di questi articoli, sarà disponibile presso ARMUS annesso alla Biblioteca Berio di genova.