L’industria della carta e il sistema del riciclo si propongono come elemento chiave della politica industriale per il paese. Interessante analisi del settore.
Nel corso dell’incontro dal titolo “Il caso dell’industria cartaria: un contributo alla politica industriale”, sono stati presentati alla LUISS Guido Carli di Roma i risultati di uno studio ad hoc sul settore cartario realizzato dal GRIF “Fabio Gobbo”. Lo studio – commissionato da Assocarta – è stato realizzato da Cesare Pozzi e Davide Quaglione del GRIF “Fabio Gobbo” (LUISS Guido Carli) con l’obiettivo di avviare un confronto con gli opinion maker nella condivisione e costruzione di un percorso di ripresa nel nostro Paese.
«Occorre dare nuovo slancio al circolo virtuoso tra politiche ambientali, imprese e territori – ha affermato Paolo Culicchi, Presidente di Assocarta durante la tavola rotonda che ha visto un confronto con Gian Maria Gros-Pietro (LUISS), Stefano Fassina (PD) e Alberto Mingardi (Istituto Bruno Leoni) – è l’unico modo affinché la green economy diventi una leva di sviluppo per il Sistema Paese. Le imprese del settore cartario si trovano fra l’incudine obiettivi di riciclaggio, ETS, energia e normative ambientali molto stringenti) e il martello (pressione di altre imprese extraeuropee che hanno condizioni di base diverse) e in questo modo non sono nelle condizioni ideali per generare valore per la collettività.»
Un’industria green
Questa situazione rappresenta un paradosso, perché l’industria cartaria è green, in quanto la carta è naturale, rinnovabile e riciclabile. Con tutta la filiera ha messo in piedi un sistema di raccolta e riciclo tra i più efficienti d’Europa (Comieco), che ha permesso finora di oltrepassare gli obiettivi di riciclo previsti dalla legislazione europea.
I 9 milioni di tonnellate di carte e cartoni prodotti nel nostro Paese sono realizzati per oltre il 50% utilizzando carta di recupero e per alcuni comparti il macero è l’unica materia prima. Il sistema di raccolta e riciclo nazionale ha permesso all’Italia di affrancarsi dalle importazioni di macero e di divenire dal 2004 esportatore netto.
L’export di macero assorbe oltre il 30% della raccolta nazionale ed è diretto per quasi il 70% verso i mercati asiatici, in particolare Cina. L’affermarsi ora di sistemi di allocazione competitiva della carta da macero raccolta, aperti anche a chi si trova in condizioni competitive diverse da quelle europee, massimizza certo il valore monetario, ma non la capacità di produrre ricchezza aggiuntiva per il sistema Paese e per l’Europa. In questo modo un vantaggio comparato per l’Italia derivante da normative comunitarie europee e dal ruolo proattivo dell’industria si disperde mentre il sistema Paese dovrebbe, invece, valorizzare questo vantaggio.
«La crisi ha colpito duro l’industria cartaria che dal 2007 a oggi, ha perso più di 1 milione di tonnellate di produzione, passando da poco più di 10 milioni di tonnellate del 2007 a meno di 9 nel 2012. Colpa della crisi, certo, ma anche di una competizione che non si fa più solo fra imprese ma anche fra Sistemi Paesi e regolatori. Basti ricordare, come riportato dallo studio, i costi energetici più elevati del 20% rispetto anche solo ai nostri concorrenti europei» ha quindi sottolineato Culicchi, che aggiunge «solo oggi il costo del gas grazie agli sforzi del Governo, in questo sempre sollecitato da Confindustria, sta diventando effettivamente europeo.»
Settore chiave
Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha fatto notare come la carta sia uno dei settori chiave, tra i più antichi, del nostro manifatturiero «ed è stato colpito al cuore dalla crisi. Le sue imprese infatti operano in un contesto di competizione globale durissimo e spesso non ad armi pari con i propri competitor, la complessità delle norme, anche quelle europee, e soprattutto un costo dell’energia che in Italia è troppo alto e sproporzionato rispetto ad altri paesi UE, sono delle zavorre che frenano la nostra competitività.»
Eppure, nonostante questi e altri fardelli, il settore della carta resta dinamico e concorrenziale e raggiunge livelli di sostenibilità ambientale anche superiori alle aspettative.
«Bisogna puntare sull’efficienza e sul riciclo – ha aggiunto Squinzi – che non solo salvaguardano l’ambiente ma sono anche una reale opportunità di sviluppo. Le imprese devono essere messe nella condizione di competere: stiamo correndo il serio rischio che spariscano pezzi importanti della nostra industria, con conseguenze drammatiche sul piano economico, ma anche su quello umano. Abbiamo una tradizione industriale di assoluto prestigio e il settore cartario ne è un esempio. Non possiamo permetterci – conclude Squinzi – di perdere per strada aziende e competenze che nessuno ci restituirà più.»
Nel suo intervento, Cesare Pozzi della LUISS, GRIF “Fabio Gobbo” ha sostenuto che l’Italia è uno dei Paesi di più spiccata vocazione manifatturiera nel mondo.
«Il poter essere un paese manifatturiero è un’incredibile opportunità in una economia di mercato. Ma questa vocazione si va erodendo, come il caso dell’industria è questo il compito di una politica industriale che deve rappresentare una visione strategica per il Paese.»
In campo energetico l’industria cartaria italiana ha investito più di tutti in Europa fino ad avere, ad esempio, uno dei parchi cogenerativi più importanti con ricadute importanti per l’efficienza energetica e le performance ambientali del Sistema Italia. A oggi, la produzione di energia elettrica in cogenerazione è arrivata a soddisfare oltre il 50% del fabbisogno elettrico annuo del settore (pari a 6,4 miliardi di KWh) consentendo un importante risparmio in termini di emissioni di CO2.
«Il tema delle materie prime e della valorizzazione della carta da macero, rimane centrale come indicano le esperienze europee di Spagna e Francia in materia – ha concluso Culicchi – occorre andare verso l’applicazione di un principio di prossimità (già previsto dalla nostra legislazione) che privilegi il riciclo della carta nei luoghi più vicini alla raccolta differenziata ed evidenzi le diverse condizioni competitive (basti pensare all’ETS) fra imprese europee e quelle extra UE.»
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