Come servirsi della Intelligenza Artificiale per passare alla Demenza Precoce

Nell’editoriale di fine anno avevamo preso in considerazione la parola dell’anno secondo il mondo anglosassone e in particolare d’oltreoceano: autenticity (autenticità da non confondere con l’autenticismo, tanto amato dai politici).

Iniziamo il 2024 con la parola dell’anno italiana, e comunque mondiale: IA o Intelligenza Artificiale (AI per chi vuol far l’americano).

Potrebbe essere un discorso inutile, visto che se ne parla ogni giorno e in tutte le salse. È utile, è dannosa, è indispensabile, è il nostro futuro e così via.

L’IA è certamente il futuro, paragonabile alla scoperta dell’energia elettrica e di tutte le invenzioni che hanno dato il via all’industrializzazione e ribaltato il rapporto tra l’uomo e la macchina.

Che sia utile è indubbio. Che sia pericolosa è in discussione, ma altrettanto indubbio.

In questa breve nota mi limito a due osservazioni. La IA è e sarà utile per migliorare la produzione industriale e soprattutto per la ricerca nelle scienze mediche, oltre che nelle scienze applicate: fisica, astronomia, ambiente. Ma il rovescio della medaglia è: nelle mani di chi andrà la IA? Certo la AIAct europea, istituita già nel 2018 ha lo scopo di regolamentarla. Ma nella pratica, come per l’energia nucleare, basta questo perché non vada in mani poco sicure? Temiamo di no. Ed è qui il grande rischio per il futuro. Oggi, ben venga per portarci nell’Industria 5.0, e sarebbe sufficiente fermarsi qui.

Un altro aspetto, piuttosto curioso, è che la IA sarà (ed è già) applicata all’arte e alla letteratura. E qui siamo in disaccordo: ogni manifestazione artistica, sia solo un racconto per bambini, deve essere espressione di chi lo compone, non di una Intelligenza Artificiale, che resta comunque una cosa senza anima o, se preferiamo, senza il daimon dentro di noi, che ci fa essere individui unici (recentemente una giovane, dopo aver vinto un premio letterario, ha confessato di averlo fatto scrivere da ChatGPT).

Ultima considerazione, non meno importante: con il crescere dell’IA cala quella naturale, come dimostrano gli studi (https://www.technologyreview.it/l-intelligenza-artificiale-prevede-i-casi-di-demenza-con-due-anni-di-anticipo/ ) che hanno appurato che l’Homo * dei secoli passati era piú intelligente (in media) dell’Homo di oggi **. È convinzione personale che, affidando il pensiero alla macchina, sia già in atto una regressione generale e questa si accrescerà, passando così dalla IA alla DP (Demenza Precoce).

* Uso il termine generico e scientifico Homo (tralasciando il Sapiens Sapiens, che tanto nella maggior parte dei casi non ha senso, per evitare il fastidioso politicamente Uomo-Donna.

** Qui molti lettori protesteranno citando il livello tecnologico di oggi, ma dimenticano che questo grazie a, come diceva Isac Newton, “essere saliti sulle spalle dei giganti”.